Sconti, accordi e niente sfratti: le regole per gli affitti durante il Coronavirus

Per i negozianti costretti a chiudere c'è un credito d'imposta del 60%. Per gli inquilini sgomberi vietati fino a giugno.

L'emergenza coronavirus ha mandato in crisi settori dell'economia e messo in difficoltà molti affittuari. Per questo il Governo è corso in aiuto con una serie di misure riassunte nell'ormai famoso Decreto "Cura Italia".

PER I NEGOZI Ovviamente non si tratta di una sospensione dei pagamenti, ma di un credito di imposta pari al 60% del canone di locazione versato o da versare in favore dei lavoratori autonomi (negozianti, commercianti, artigiani ecc.) costretti a chiudere le attività per rispettare le misure restrittive del lockdown.  

La norma è contenuta all’articolo 65 del Cura Italia: potranno usufruire dell’agevolazione gli immobili che rientrano nella categoria catastale C1, ovvero negozi e botteghe, per tutto il mese di marzo 2020. Il bonus locazioni non spetta, però alle attività ritenute essenziali e che, in questi giorni, sono regolarmente aperte. Quindi farmacie, supermercati e alimentari in genere.

PER LE CASE Un aiuto arriva anche per gli inquilini delle case. Il Decreto, infatti, ammette la possibilità di ridurre il canone in caso di difficoltà di pagamento a prescindere dalla tipologia di locazione. L'accordo, quindi, è possibile sia nel caso di locazione di immobili per uso abitativo che nel caso di locazione di immobili commerciali. Non ci sono differenze in riferimento alla durata del contratto, né relativamente al regime fiscale di tassazione ordinaria o cedolare secca. Non sono dovute spese di registrazione e l'atto è esente dal bollo, come espressamente previto dall'art. 10 del dl 133/2014

NO SFRATTI Nel Cura Italia c'è anche una norme che sospende gli sfratti per aiutare tutti quei soggetti che a causa dell'emergenza sono impossibilitati a pagare l'affitto. Questo, però, non comporterà la cancellazione della morosità: si tratta più che altro di una sospensione dei provvedimenti esecutivi di sfratto che varrà fino al 30 giugno 2020. Non si potrà imporre dunque lo sgombero dell’immobile per il tramite dell’ufficiale giudiziario.

 

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Boom dello smart working: agli italiani adesso piace il lavoro agile

Il lockdwon ha costretto milioni di italiani a lavorare da casa, ma la maggioranza vorrebbe continuare anche a fine emergenza

Tra le pochissime conseguenze positive del Coronavirus in Italia c'è stata l'esplosione dello smart working. Il cosiddetto "lavoro agile", fino ad ora poco sfruttato se non addirittura discriminato in Italia, adesso è diventato una pratica obbligata per poter continuare a lavorare nonostante la quarantena. E agli italiani inizia a piacere.

Nelle prime due settimane di confinamento in casa, infatti, il ministero del Lavoro ha stimato che oltre mezzo milione di dipendenti hanno lavorato da casa. Il mondo digitale per molti è servito non solo per camvbiare modo di lavorare ma anche di apprendere. Così scopriamo che il 28% degli italiani è impegnato in corsi di formazione online o webinar. E’ una tendenza che continuerà anche dopo il lockdown: nella stessa modalità di quella attuale per il 32% ma per il 13% perfino in misura superiore.

Ma non è finita qui: da un sondaggio realizzato da Nomisma in collaborazione con Crif emerge una tendenza che va anche oltre il lockdown: la maggioranza degli italiani (circa il 56%) vorrebbe continuare a lavorare in remoto anche quando si tornerà alla vita normale e verranno meno le restrizioni agli spostamenti. Ovviamente non nella stessa modalità: tutti vorranno ricominciare ad uscire, ma si potrebbe pensare a lavorare su turni, continuando da casa soltanto qualche giorno al mese.

Secondo Nomisma, aziende e lavoratori, pur se forzati da una situazione di emergenza, stanno sperimentando un nuovo modo di lavorare, usando strumenti digitali e innovativi e accelerando un processo organizzativo che in tempi normali avrebbe richiesto anni. "Un’opportunità da cogliere per ripensare i processi produttivi", si legge nel rapporto, perché lo smart working è un modo per conciliare meglio lavoro e famiglia, ma ha anche indubbi effetti positivi sull’inquinamento e sul traffico.

Una conferma dell'uso massiccio di internet da parte dei lavoratori arriva anche dall’associazione Smart building Italia: secondo un'indagine, infatti, dall'inizio della quarantena ci sono almeno 5 milioni di italiani sempre attivi sulla Rete, al punto da aver provocato un aumento di circa il 20% del traffico sulla linea mobile, ma soprattutto il raddoppio dei volumi sulla banda residenziale.

 

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Immobiliare: anche col Coronavirus la casa resta il bene rifugio

Secondo un sondaggio di Immobiliare.it molti italiani, seppur preoccupati, non hanno accantonato l'idea di comprare casa.

E se alla fine le conseguenze del Coronavirus fossero meno negative del previsto? Da sempre, infatti, gravi momenti di crisi economica hanno spesso portato a guardare al mattone come bene rifugio per eccellenza. Il motivo? Semplice: la casa non è suscettibile (almeno non direttamente) alle "bizze" dei mercati finanziari.

Questo vale ugualmente, se non di più, per la grave crisi economia a causa della Pandemia. Nessuno degli esperti, sia di politica sia di economia, riesce a prevedere cosa succederà nei prossimi mesi e quale sarà la realtà dopo il Coronavirus. La risposta dell'Europa (e non solo) è lenta e le Borse di tutto il mondo bruciano miliardi su miliardi in poche settimane.

E così, secondo un sondaggio condotto da Immobiliare.it su un campione di oltre 18.000 utenti conferma che gli italiani sono preoccupati ma per loro l'acquisto della casa resta un obiettivo. Il 30,1% degli intervistati si dice preoccupato ma non per questo ha intenzione di accantonare l’idea di comprare casa. Una fetta di persone si sente più ottimista nella ricerca (22,7%). Solo una persona su tre (31,2%) sta pensando di rimandare l’acquisto.

Differenze sostanziali emergono per le finalità d’acquisto: c'è chi sta cercando casa da comprare ai propri figli (circa il 37%). Si scende a quota 33% fra chi sta cercando come investimento personale mentre sono in netta minoranza (28%) gli utenti in cerca della prima casa, anche se è la fascia che sembra rimanere in ogni caso più ferma nella sua volontà di acquistare. 

Tra chi pensa di rimandare l'acquisto, però, esistono però differenze per quel che riguarda le motivazioni: per il 59% il motivo principale è la paura che scoppi nel breve una grave crisi economica in cui non ci si potrà permettere di indebitarsi. Il 20,7% è invece convinto che la pandemia porterà a un calo dei prezzi, per cui potrebbe valere la pena aspettare di trovare offerte migliori sul mercato. Il 10,4% valuta l’idea di posticipare la ricerca per il timore di perdere il lavoro a seguito del lockdown.

 

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