Urbanistica e sviluppo urbano: come nasce un nuovo quartiere?

L’uomo contemporaneo è abituato a vivere nelle città, ambienti organizzati dall’uomo con lo scopo di aumentare la qualità di vita del singolo individuo.   Il quartiere di una città è paragonabile ad una cellula di un organismo vivente, come viventi e dinamiche sono le nostre città. Si trasformano nel corso del tempo, spesso con l’obiettivo di essere migliori della propria versione precedente (ahimè a volte questo non sempre accade).

Cenni storici e evoluzione del quartiere urbano. Partiamo dal principio, il termine quartiere ha origini molto antiche e deriva dal latino quartarius e indica la quarta parte di una città. Nel passato, già dall’epoca classica greca e romana, le città erano suddivise in quattro settori ottenute dall’incrocio di due strade ortogonali tra loro e ognuno di esso era definito appunto quartiere. La caratteristica del quartiere era stabilita “a tavolino” secondo una pianificazione urbanistica rigida che teneva conto delle funzioni principali e delle classi sociali che lo avrebbe abitato. Inoltre sul piano fisico un quartiere era spesso distinguibile per caratteristiche storiche, topografiche, urbanistiche e tipologiche, elementi distintivi che lo definivano come una entità urbana autonoma e riconoscibile. Il quartiere contemporaneo inizia a trasformarsi significativamente e a conformarsi come lo vediamo oggi a partire dalla Rivoluzione Industriale per proseguire fino ai giorni nostri.

La migrazione dalle campagne alle città, la nascita di nuovi mestieri e classi sociali e un periodo di grande dinamicità stravolsero le rigide regole del passato. Le funzioni dei quartieri diventano molto variegate e settoriali. Si passa dal quartiere a funzione strettamente industriale, al distretto ferroviario e portuale, ai quartieri residenziali e della vecchia città (centro storico) che si trasformano e rigenerano internamente. Si accentuano i diversi caratteri socio-culturali in maniera spesso spontanea e non pianificata come in passato, con una naturale concentrazione di popolazioni omogenee dal punto di vista sociale ed etnico. Nascono i quartieri borghesi e operai, ma nascono anche i quartieri intesi come comunità. Ad esempio i quartieri spontanei degli immigrati italiani e irlandesi negli States, i quartieri cinesi delle città italiane a partire da fine ‘900.

Come si realizza oggi un nuovo quartiere? I nuovi quartieri oggi nascono  da un principio cardine della pianificazione urbanistica. La realizzazione di un appropriato sistema infrastrutturale che connetta adeguatamente sia le porzioni e le funzioni del quartiere stesso, ma soprattutto che lo colleghi in maniera efficiente alla città esistente e alle infrastrutture di mobilità principale (strade principali urbane e extraurbane, stazioni ferroviarie, aeroporti ecc.). In base alle caratteristiche funzionali cambiano i tipi di strade e l’intero sistema delle infrastrutture. Un nuova zona industriale avrà necessità di larghe sezioni stradali e darà priorità al sistema di mobilità e connessione. Un nuovo quartiere residenziale sarà invece incentrato su un equilibrato rapporto tra spazi costruiti, comode infrastrutture, servizi pubblici e privati e aree verdi e di svago. 

Altro aspetto fondamentale è l’analisi dei bisogni della collettività, molto valido soprattutto nelle trasformazioni urbane di spazi esistenti, ad esempio attraverso l’utilizzo di sondaggi che restituiscono un quadro chiaro e completo delle esigenze più sentite dai cittadini.  Attenzione però, esistono delle norme ben precise che governano la trasformazione di un territorio. Sia per un quartiere di nuova costruzione che per la trasformazione e rigenerazione di esistenti. E’ necessario infatti che gli urbanisti utilizzino delle regole ben precise, volte a garantire una appropriata conformazione degli spazi che varia in base alla funzione e alla destinazione d’uso del quartiere stesso. La norma impone determinate quantità di spazi pubblici, a verde e a servizi per ogni singolo abitante:  i cosiddetti “standard urbanistici”. Pertanto maggiore è la densità abitativa, maggiore sarà la necessità di creare spazi collettivi e di pubblica utilità. Lo sviluppo di un quartiere disciplina anche le caratteristiche costruttive degli edifici che si andranno a realizzare. Ad esempio l’altezza massima delle costruzioni e la tipologia edilizia realizzabile (casa singola, a schiera, edificio a torre) le distanze tra i fabbricati e tra i confini dei singoli lotti, fino ad arrivare in alcuni casi alla prescrizione di specifiche cromie degli edifici per ragioni storiche e culturali o di identità territoriale.

Quali sono le tendenze attuali? Le sfide delle nostre città.

Nell’urbanistica contemporanea, le ultime tendenze cercano di valorizzare i centri storici e gli spazi urbani esistenti, limitando al massimo il consumo del territorio naturale. Questa scelta è quasi di sopravvivenza. Si preserva l’ambiente naturale e rurale e si razionalizzano le infrastrutture esistenti, attribuendo nuove funzioni a quartieri dismessi o sottoutilizzati.  La rigenerazione urbana di vecchie aree industriali dismesse e in stato di abbandono, il recupero delle periferie sub-urbane e l’aggiunta di funzioni diverse e tra loro compatibili nel tessuto urbano esistente, sono le nuove sfide dell’urbanistica contemporanea. Alcuni esempi di rigenerazione urbana in Italia, che promuovono un’elevata crescita socio-culturale offrendo un nuovo contesto abitativo di elevata qualità architettonica .

 Ad esempio lo scorso ottobre è stato inaugurato il primo lotto del parco di “SeiMilano”, nuovo polmone verde e punto di partenza di un più ampio progetto di rigenerazione urbana che prevede, entro questa primavera, la realizzazione di 15mila mq destinati ad attività sportive, asili nido, scuole per l’infanzia e aree pet-friendly. Le funzioni sono miste: realizzazione di nuove residenze, uffici e attività commerciali.Andando dall’altra parte della nostra penisola, troviamo un altro esempio interessante. Il  quartiere MyCityBari, un nuovo quartiere all’insegna della sostenibilità  e della qualità architettonica. L’intervento si interseca fra città e natura, creando un equilibrio perfetto tra gli spazi abitativi e l’ambiente circostante per favorire l’interazione sociale e il senso di comunità. In questo caso la riqualificazione nasce attraverso la cura del verde e dell’arredo urbano, la fruibilità delle strutture che diventano spazi di socializzazione, punti di partenza dell’azione di riqualificazione da cui si propaga a tutta la città.

L’obiettivo oggi non è dunque “l’espansione della città”, quanto quello di valorizzare e riqualificare l’esistente dando vita così a nuovi quartieri che contribuiscono al miglioramento delle condizioni di vita dei propri abitanti e della collettività.

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Come in un quadro: alla scoperta della città del "Quarto Stato"

Con un braccio sorregge un neonato, con l’altro incita la folla a seguirla. Alla sua destra due uomini con barba e cappello incedono con passo sicuro. Dietro di loro, un’indistinta schiera di braccianti in protesta si fa strada tra innumerevoli tonalità di marrone, il colore della terra. Simbolo di emancipazione e di riscatto sociale, rivisitato e reinterpretato negli anni, è l’inconfondibile Quarto Stato di Giuseppe Pellizza.

Realizzato tra la fine dell’800 e gli inizi del’900, l’olio su tela, attualmente conservato alla Galleria d’Arte Moderna di Milano, ha preso vita proprio nel borgo natìo del pittore che, legatissimo al suo paese, aggiunse alla sua firma “da Volpedo”. «Un artista – la pensava così Pellizza che si formò nelle città più disparate, tra cui Roma, Firenze e Parigi - può esprimersi compiutamente soltanto se vive a contatto con la sua terra». Il paesino piemontese, di origine romana, posto allo sbocco del torrente Curone, al confine tra la pianura padana e i colli tortonesi, divenne così teatro di capolavori artistici famosi al mondo.

Sfumato è il confine tra presente e passato, arte e natura nei vicoli di Volpedo, meta ideale per una gita fuori porta per chi arriva da Genova (60 km) o da Milano (70 km). Proprio negli innumerevoli scorci che hanno ispirato Pellizza sono esposte le riproduzioni delle sue opere. Uno fra tutti il percorso ad anello, lungo 5 km, noto come il Sentiero della Montà di Bogino, che, in questi tiepidi giorni di primavera, vi farà immergere tra vigneti, colline e alberi immortalati nell’omonimo quadro. Gli occhi si riempiranno poi di struggente bellezza contemplando le tinte vivaci dei Panni al sole di via Cornaggia, il sapiente incastro delle forme architettoniche nel Vecchio Mulino di via Mazzini e la palpabile luminosità della Neve di Strada Clementina.

Ricco di suggestioni è ancora il fienile di Casa Pellizza. È qui che, pennellata dopo pennellata, nasce Sul Fienile in cui è ritratto un viandante che trova riparo nel capanno dell’artista proprio nei suoi ultimi istanti di vita. Non si sa da dove venisse, né dove fosse diretto. Pellizza da Volpedo rende eterno quell’attimo sulla tela.

 

 

DA NON PERDERE

Da non perdere, dunque, la Casa Museo Pellizza dove si possono ammirare le opere, gli oggetti personali, i bozzetti e i disegni del pittore che qui visse e lavorò fino alla morte. Distrutto dal dolore per la perdita del figlio e della moglie Teresa (è lei che presta il volto alla donna protagonista del Quarto Stato), si suicidò nel giugno 1907.

Meritano una vista anche il Museo didattico nel Palazzo del Torraglio, in cui scoprire Pellizza in tutta la sua umanità, e la Pieve Romanica di San Pietro, il cui profilo si scorge nella prima stesura del Quarto Stato, nota come Fiumana. Costruita nel X secolo con le pietre del vicino torrente Curone, la Pieve è decorata con affreschi in stile gotico attribuiti alla scuola dei tortonesi Manfredino e Franceschino Boxilio, attiva anche nel Duomo di Milano.

Con una breve passeggiata dal centro, circondato per lo più dalle Mura Spagnole, ricostruite all’epoca in cui Volpedo era parte del Ducato di Milano, a sua volta sotto il dominio spagnolo, si può, inoltre, raggiungere la Quercia monumentale. L’albero, che si trova vicino alla cascina Boffalora, poco fuori la città, è alto circa 15 metri e ha oltre 200 anni. 

 

 

CURIOSITÀ

Il 1º maggio 1995, in occasione della Festa dei lavoratori, la piazzetta in cui è stato dipinto Il Quarto Stato, posta all’interno dell’antico castrum, di fronte al palazzo dei Malaspina, è stata restaurata e stata ribattezzata piazza "Quarto Stato".  Grazie a dei lavori di recupero, la piazza ha mantenuto le stesse dimensioni e l’aspetto di fine ottocento. Se ci si posiziona dove attualmente c’è il lampione, si può osservare la piazza dalla stessa prospettiva del quadro. Nel settembre del 2001, inoltre, si sono celebrati i cento anni dalla realizzazione dell’opera che è stata esposta per qualche giorno nello studio dove fu dipinta, attirando migliaia di visitatori.

Nel 2015 il borgo ha accolto due coppie di migranti. Tra questi Antonia e Samuel Ihekwoaba che, diventati genitori, hanno voluto chiamare il loro bambino come il paese in cui hanno trovato ospitalità: Volpedo.

Volpedo è famosa per la coltivazione della pesca, in prevalenza a polpa gialla e dolce.  Ogni anno a metà luglio si svolge la Sagra della pesca con il mercato della frutta, dove poter gustare, tra musica e danze, il risotto alla pesca di Volpedo e le pesche di Volpedo al moscato.

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Emilia Rom…antica: Innamorarsi a Castell’Arquato

Sono lastricate di amore le strade di Castell’Arquato. Piccolo, ma traboccante di aneddoti e intricate vicende storiche, è la meta perfetta per trascorrere il giorno di San Valentino insieme al proprio partner, lontani dalla calca delle blasonate Verona e Venezia. Almeno tre i motivi che rendono questo borgo medievale, situato lungo la Strada dei Vini e dei Sapori dei Colli Piacentini, altrettanto romantico. Prima di tutto una leggenda in pieno stile Romeo Giulietta che affonda le radici nel XVII secolo.

Protagonisti due giovani innamorati: Laura, la bella figlia del carceriere Gaspare della Vigna e Sergio, accusato di cospirazione contro la crudele signoria del cardinale Francesco Sforza e per questo condannato e rinchiuso nelle segrete della Rocca insieme al suo fedele collaboratore Spadone.

Nel tentativo di fuga, Laura e Sergio vengono processati e decapitati. A tradirli Giacomo, aiutante di della Vigna e da sempre innamorato di sua figlia. Spadone, invece, che nel frattempo era riuscito a fuggire, fa ritorno a Castell’Arquato per vendicare l’amico dopo sette anni dalla sua morte. Ma, dopo aver ucciso il cattivo Giacomo, viene condannato all’ergastolo. Morirà nella prigione della Rocca, dove ancora oggi pare che il suo fantasma si aggiri in compagnia di quelli di Laura e Sergio, uniti per l’eternità.

C’è un’altra storia d’amore travagliata, ma a lieto fine, che aleggia tra i vicoli del borgo dalle case in pietra. È quella di Ladyhawke. Sono state girate qui infatti alcune scene del film con Michelle Pfiffer e Rutger Hauer che nel 1985 ha fatto sognare a occhi aperti milioni di spettatori. Ma non solo. Castell’Arquato è anche il set di Verona (musical del 2022 ispirato proprio alla celebre tragedia di Romeo e Giulietta di Shakespeare) con la regia di Timothy Scott Bogart. 

Svanì per sempre il sogno mio d'amore. L'ora è fuggita e muoio disperato canta, ancora, il pittore Mario Cavaradossi rievocando, in attesa della sua esecuzione, gli incontri notturni con la sua amata Tosca. Parole, rese celebri al mondo da Luciano Pavarotti, che potrebbero essere state pensate, prima ancora di essere messe per iscritto e poi cantate, proprio qui, tra queste stradine, un tempo teatro di lotte tra guelfi e ghibellini. È infatti di Castell’Arquato Luigi Illica, librettista, nonché commediografo, poeta e giornalista, che insieme a Giuseppe Giacosa scrisse i testi delle più famose opere di Giacomo Puccini, dove l’amore e la passione regnano sovrane: la Bohème, la Tosca e Madama Butterfly.

Non finisce qui. A conquistare il vostro cuore non solo storie d’altri tempi ma anche La torta di Vigolo del forno Perazzi che prende il nome dalla frazione di Vigolo Marchese. A base di cioccolato, morbida all’interno e croccante in superficie, è impossibile riprodurla. La ricetta è unica e segreta. Come ogni storia d’amore che si rispetti.

Da non perdere

Da non perdere l’antica Collegiata di Santa Maria Assunta (fu terminata nel 1122) con il suo straordinario interno romanico restaurato agli inizi del’900 e ricoperto da affreschi del ‘400. Tappa obbligata anche la trecentesca Rocca Viscontea (con il suo museo di vita medievale) che domina la Val d’Arda, con le sue morbide colline ricoperte di vigneti di uva bianca e rossa, da cui è possibile ammirare la catena dell’Appennino Tosco-Emiliano

Non resta poi che visitare il Museo geologico con le sue diverse collezioni le quali permettono di ricostruire la storia evolutiva del bacino padano.

Ogni anno, a San Valentino, il comune propone poi una serie di eventi per celebrare l’amore tra cui visite guidate e tour enogastronomici. A giugno, inoltre, per festeggiare l’arrivo dell’estate, torna La Notte Romantica durante la quelle le coppie sono solite “lanciare” le loro promesse d’amore su delle lanterne volanti. Per gli appassionati di lirica, consigliati, ancora, il museo Luigi Illica e, nel mese di luglio, il Festival dedicato al librettista di Puccini.

Curiosità

  • Otto milioni di anni fa il borgo era occupato dal mare, per questo a Castell'Arquato sono ritrovati molti reperti fossili quali conchiglie. Alcune sono addirittura incastonati nella pietra della facciata della Collegiata.
  • Il nome del borgo deriverebbe da Caio Torquato, patrizio romano che qui fondò il primo castrum. Secondo una altra ipotesi, più accreditata, il nome di Castell’Arquato sarebbe legato al termine castrum quadratum, che nei documenti tardomedievali indicava la pianta a forma quadrangolare del castrum.

  • In passato, l’acqua della fonte del Rio Orzo, situata ai limiti del centro abitato, veniva utilizzata per scopi curativi considerato l’alto contenuto di magnesio.

  • L’archivio della Collegiata era un tempo ricchissimo di pergamene e codici sulla storia e sulle vicende del borgo. Pare che un canonico archivista li trafugò per venderle a un libraio di Piacenza il quale se ne servì per rilegare dei libri.
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