Il Regno Unito dopo la Brexit: prezzi in aumento e affitti alle stelle

Cosa succederà al mercato immobiliare inglese dopo la Brexit? Si prevedono ottimi affari per i proprietari di immobili.

L'ora X è scattata alla mezzanotte a cavallo tra il 31 gennaio e primo febbraio: dopo tre anni dal famigerato referendum, il Regno Unito ha ufficialmente lasciato l'Unione Europea concretizzando la tanto temuta Brexit. Un passaggio più di facciata, perché il vero distacco ci sarà solo alla fine del periodo di "transizione soft", cioè il 31 dicembre 2020. Ma cosa succederà al mercato immobiliare inglese dopo la Brexit?

Secondo Il Sole 24 Ore si prevedono tempi d'oro per i proprietari di immobili d'oltremanica grazie a "un forte aumento delle locazioni a fronte di un aumento della domanda e di un calo dell'offerta" sopratutto per quanto riguarda il settore lusso. Savills, infatti, prevede "un aumento degli affitti nel settore prime dell'1% nel 2020 e del 10,9% nei prossimi cinque anni" mentre è atteso un incremento ancora più marcato del valore degli immobili prime "del 20,5% nel centro di Londra e dell'11,5% in altri quartieri della capitale".

Ad aumentare saranno anche i prezzi degli immobili che, dopo il crollo dopo il referendum del 2016 sono tornati a correre, spinti dalla domanda da parte dei settori finanziario e tech: "Facebook ha appena annunciato la creazione di mille posti di lavoro a Londra - scrive il quotidiano economico - mentre Apple ha scelto Battersea Power Station per il suo ampliato quartier generale europeo".

La crescita dei prezzi non farà altro che aumentare il numero dei potenziali inquilini: chi non sarà in grado di acquistare, infatti, sarà costretta a scegliere l'affitto. Le previsioni confermano affitti alti per diversi anni, non è un caso, quindi, che sia aumentata la percentuale di investitori che hanno acquistato casa a Londra per poi affittarla puntando a ghiotti guadagni: ora i proprietari non britannici sono il 35%, contro il 27% del 2016. 

 

 

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Affitti sempre più cari: +5,3% nel 2019: Lombardia e Lazio le regioni più costose

Secondo l'ufficio studi di Idealista continua la crescita dei canoni: aumenti in doppia cifra al nord. Al sud crescono Matera e Salento.

Se i prezzi delle case continuano a restare fermi, gli affitti non fermano la loro corsa al rialzo. Secondo il report di Idealista, infatti, nel 2019 i canoni di locazione delle abitazioni hanno registrato un deciso aumento del +5,3% rispetto a dicembre 2018, nonostante la flessione registrata nell’ultimo trimestre (-2,2%) attestandosi a una media di 9,5 euro al metro quadro. 

CLASSIFICA REGIONALE Tra le 20 regioni italiane analizzate, nella stragrande maggioranza gli affitti risultano in aumento con percentuali in doppia cifra in tutto il nord: prima fra tutte l'Emilia-Romagna (con il 13,5 %) seguita da Lombardia (12,4%), Friuli-Venezia Giulia (12%), Trentino-Alto Adige (11,2%) e Veneto (10,9%). Male invece Umbria (-1,7%), Piemonte (-3,6%) e Sardegna (-3,8%) mentre la performance peggiore è della Valle d’Aosta (-5%).

Ma qual è la regione più cara? Secondo Idealista il primato è mantenuto dalla Lombardia (13,5 euro/m²) seguita da Lazio (11,4 euro/m²) e Toscana con 11 euro al metro quadro. I valori più bassi della penisola si trovano in Sicilia (5,9 euro/m²), Calabria (5,6 euro/m²) e Molise (5,5 euro/m²).

IN PROVINCIA Simile il quadro a livello provinciale: 8 su 10 sono in positivo (spicca fra tutti Ravenna col +30%) mentre male vanno soprattutto Enna (-10,8%), Vibo Valentia (-11,1%) e Nuoro (-16,2%). Con 17,7 euro/m² Milano è sempre la provincia più costosa, mentre al secondo e terzo posto troviamo rispettivamente Ravenna (15,1 euro/m²) e Firenze (14 euro/m²). In fondo alla classifica Avellino (4,3 euro/m²), Caltanissetta (4,2 euro/m²) e Enna con 4,1 euro/m².

 

IN CITTÀ L’Ufficio studi di idealista ha registrato canoni di locazione in aumento in 68 comuni capoluogo sui 100: in questo caso gli incrementi maggiori arrivano dal sud con Matera (16 %) e Lecce (14,1%) sugli scudi. Bocciate Pesaro (-11,1%), Vibo Valentia (-13,4%) ed Enna (-17,9%). tra le grandi città bene Milano (7,7%) e Bari (7%), aumenti più moderati a Bologna (1,1%), Palermo (0,9%) e Napoli (0,7%). Negative le prestazioni di Roma (-0,9%) Genova (-1,4%) e Torino (-3,9%).

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Manovra 2020: stop alla cedolare sugli affitti dei negozi

Niente accordo nel Governo: salta la tassa piatta del 21% che puntava a limitare la gravissima crisi dei locali commerciali.

Un brutto regalo sotto l'albero di Natale per gli esercenti italiani. Con le ultime modifiche alla nuova Legge di Bilancio 2020, infatti, è stato decretato lo stop stop alla proroga della cedolare sugli affitti dei negozi e delle botteghe che era in scadenza il prossimo 31 dicembre. 

Nonostante le diverse proposte di maggioranza e opposizione in commissione Bilancio l'accordo non è stato trovato. La tassa piatta al 21% sulle locazioni commerciali non verrà quindi confermata e si avvia verso il tramonto. Salverà la tassazione agevolata solo chi firmerà il contratto entro la fine dell’anno, ma va comunque rispettata la regola secondo cui la registrazione «deve essere effettuata entro 30 giorni dalla data di stipula o dalla sua decorrenza.

La cedolare secca sull’affitto dei negozi (categoria catastale C/1) era stata introdotta dalla legge di Bilancio per il 2019 con l’intento di limitare la gravissima crisi dei locali commerciali. Funziona come la cedolare secca sulle locazioni abitative: sostituisce Irpef, addizionali comunale e regionale, imposta di registro e quella di bollo.

La notizia è stata definita come "una decisione sorprendente" dal presidente di Confedilizia, Giorgio Spaziani Testa: "La necessità della cedolare era talmente evidente che a richiederla erano state anche le associazioni dei commercianti, convinte che l’eccesso di tassazione sui proprietari dei locali affittati ostacolasse l’apertura di nuove attività. In assenza della cedolare il proprietario è infatti soggetto all’Irpef, all’addizionale regionale Irpef, all’addizionale comunale Irpef e all’imposta di registro, per un carico totale che può superare il 48 per cento del canone e al quale deve aggiungersi la patrimoniale Imu-Tasi".

"Insomma, mentre ci si straccia le vesti per l’espansione di Amazon e per la moria di negozi - conclude Giorgio Spaziani Testa nella nota di Confedilizia - si elimina l’unica misura con la quale vi era speranza di rianimare un comparto in crisi, contribuendo anche a migliorare l’aspetto delle nostre città, combattendo degrado e insicurezza. Davvero incredibile”.

 

 

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