Emilia Rom…antica: Innamorarsi a Castell’Arquato

Sono lastricate di amore le strade di Castell’Arquato. Piccolo, ma traboccante di aneddoti e intricate vicende storiche, è la meta perfetta per trascorrere il giorno di San Valentino insieme al proprio partner, lontani dalla calca delle blasonate Verona e Venezia. Almeno tre i motivi che rendono questo borgo medievale, situato lungo la Strada dei Vini e dei Sapori dei Colli Piacentini, altrettanto romantico. Prima di tutto una leggenda in pieno stile Romeo Giulietta che affonda le radici nel XVII secolo.

Protagonisti due giovani innamorati: Laura, la bella figlia del carceriere Gaspare della Vigna e Sergio, accusato di cospirazione contro la crudele signoria del cardinale Francesco Sforza e per questo condannato e rinchiuso nelle segrete della Rocca insieme al suo fedele collaboratore Spadone.

Nel tentativo di fuga, Laura e Sergio vengono processati e decapitati. A tradirli Giacomo, aiutante di della Vigna e da sempre innamorato di sua figlia. Spadone, invece, che nel frattempo era riuscito a fuggire, fa ritorno a Castell’Arquato per vendicare l’amico dopo sette anni dalla sua morte. Ma, dopo aver ucciso il cattivo Giacomo, viene condannato all’ergastolo. Morirà nella prigione della Rocca, dove ancora oggi pare che il suo fantasma si aggiri in compagnia di quelli di Laura e Sergio, uniti per l’eternità.

C’è un’altra storia d’amore travagliata, ma a lieto fine, che aleggia tra i vicoli del borgo dalle case in pietra. È quella di Ladyhawke. Sono state girate qui infatti alcune scene del film con Michelle Pfiffer e Rutger Hauer che nel 1985 ha fatto sognare a occhi aperti milioni di spettatori. Ma non solo. Castell’Arquato è anche il set di Verona (musical del 2022 ispirato proprio alla celebre tragedia di Romeo e Giulietta di Shakespeare) con la regia di Timothy Scott Bogart. 

Svanì per sempre il sogno mio d'amore. L'ora è fuggita e muoio disperato canta, ancora, il pittore Mario Cavaradossi rievocando, in attesa della sua esecuzione, gli incontri notturni con la sua amata Tosca. Parole, rese celebri al mondo da Luciano Pavarotti, che potrebbero essere state pensate, prima ancora di essere messe per iscritto e poi cantate, proprio qui, tra queste stradine, un tempo teatro di lotte tra guelfi e ghibellini. È infatti di Castell’Arquato Luigi Illica, librettista, nonché commediografo, poeta e giornalista, che insieme a Giuseppe Giacosa scrisse i testi delle più famose opere di Giacomo Puccini, dove l’amore e la passione regnano sovrane: la Bohème, la Tosca e Madama Butterfly.

Non finisce qui. A conquistare il vostro cuore non solo storie d’altri tempi ma anche La torta di Vigolo del forno Perazzi che prende il nome dalla frazione di Vigolo Marchese. A base di cioccolato, morbida all’interno e croccante in superficie, è impossibile riprodurla. La ricetta è unica e segreta. Come ogni storia d’amore che si rispetti.

Da non perdere

Da non perdere l’antica Collegiata di Santa Maria Assunta (fu terminata nel 1122) con il suo straordinario interno romanico restaurato agli inizi del’900 e ricoperto da affreschi del ‘400. Tappa obbligata anche la trecentesca Rocca Viscontea (con il suo museo di vita medievale) che domina la Val d’Arda, con le sue morbide colline ricoperte di vigneti di uva bianca e rossa, da cui è possibile ammirare la catena dell’Appennino Tosco-Emiliano

Non resta poi che visitare il Museo geologico con le sue diverse collezioni le quali permettono di ricostruire la storia evolutiva del bacino padano.

Ogni anno, a San Valentino, il comune propone poi una serie di eventi per celebrare l’amore tra cui visite guidate e tour enogastronomici. A giugno, inoltre, per festeggiare l’arrivo dell’estate, torna La Notte Romantica durante la quelle le coppie sono solite “lanciare” le loro promesse d’amore su delle lanterne volanti. Per gli appassionati di lirica, consigliati, ancora, il museo Luigi Illica e, nel mese di luglio, il Festival dedicato al librettista di Puccini.

Curiosità

  • Otto milioni di anni fa il borgo era occupato dal mare, per questo a Castell'Arquato sono ritrovati molti reperti fossili quali conchiglie. Alcune sono addirittura incastonati nella pietra della facciata della Collegiata.
  • Il nome del borgo deriverebbe da Caio Torquato, patrizio romano che qui fondò il primo castrum. Secondo una altra ipotesi, più accreditata, il nome di Castell’Arquato sarebbe legato al termine castrum quadratum, che nei documenti tardomedievali indicava la pianta a forma quadrangolare del castrum.

  • In passato, l’acqua della fonte del Rio Orzo, situata ai limiti del centro abitato, veniva utilizzata per scopi curativi considerato l’alto contenuto di magnesio.

  • L’archivio della Collegiata era un tempo ricchissimo di pergamene e codici sulla storia e sulle vicende del borgo. Pare che un canonico archivista li trafugò per venderle a un libraio di Piacenza il quale se ne servì per rilegare dei libri.
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Fuori Porta: Bienno, il piccolo mondo antico a due ore da Milano

Superato il Lago di Iseo, la grande statua dorata del Cristo Re, che dall’alto del Colle della Maddalena abbraccia la bassa Valcamonica, ci conferma che siamo nella direzione giusta. Poco a poco, tra le montagne innevate, svetta Bienno. Eletto da artisti provenienti da tutto il mondo come propria “residenza creativa” (non a caso è noto come “Borgo degli artisti”), è famoso in tutto Europa per la millenaria lavorazione del ferro con il maglio ad acqua grazie alle presenza di un canale artificiale in legno: il Vaso Re.

Costruito dai monaci benedettini nell’XI secolo, deviava parte delle acque del vicino torrente Grigna all’interno del paese per alimentare le ruote delle fucine, dei mulini e delle segherie.

Lontano dal frastuono della città (siamo a un’ora di auto da Brescia e due da Milano) tra muri in pietra, torri, chiesette e piccole botteghe si riassapora, così, la genuinità non solo dei casoncelli, ravioli di grandi dimensioni a forma di mezzaluna fatti a mano e ripieni di carne, ma anche degli antichi mestieri. Proprio come in un presepe vivente, (è davvero magica qui l’atmosfera a poche settimane dal Natale) non sarà difficile incontrare lungo i vicoli il cestaio o il maniscalco. 

 

 

Da non perdere

A proposito, da non perdere dall’8 al 10 dicembre il vivace e colorato NATALE NEL BORGO dove, tra la nenia delle zampogne e lo scricchiolio delle caldarroste sui tizzoni ardenti, si potrà assistere a proiezioni luminose e a numerosi spettacoli a tema natalizio, degustare prodotti tipici e… lasciare la propria letterina a Babbo Natale!

Se si visita Bienno ad agosto, invece, non si può non fare tappa alla tradizionale Mostra Mercato, ricca di eventi e dimostrazioni di attività artigianali. 

Da segnare, invece, sulla mappa: il Museo Etnografico del Ferro, delle Arti e delle Tradizioni Popolari, il Mulino, il Museo della Vita Contadina, la chiesa dei Santi Faustino e Giovita, che spicca per il portale in arenaria di Sarnico, la quattrocentesca Santa Maria Annunciata e l’Eremo dei SS Pietro e Paolo, un’oasi di pace circondata dal verde con una straordinaria terrazza naturale a picco sulla Valle Camonica. Secondo la tradizione, sarebbe stato Sant’Antonio da Padova a porvi la prima pietra nel 1230.

Bienno è anche un buon punto di partenza per il trekking. Dal borgo è possibile raggiungere facilmente sentieri e boschi e la ciclovia dell’Oglio che collega il Passo del Tonale con la Pianura Padana.

Curiosità

  • Il toponimo “Bienno” potrebbe derivare dal nome gentilizio di origine romana Biennius. Proprio nel borgo, infatti, è stato rinvenuto un frammento di lapide sul cui margine laterale si legge “ienni” e “ennus”. Secondo alcuni studiosi sulla parte mancante sarebbe stata presente una B.
  • Bienno potrebbe anche avere avuto origine da biennium termine che identificava quei canali artificiali (di solito in legno o, in epoca successiva, in pietra e muratura) che portavano l’acqua alle ruote dei mulini.
  • Nel 1592 nasce a Bienno l’Istituto delle Zitelle allo scopo di aiutare le donne nubili, tra 15 e 40 anni, prive di mezzi sufficienti, purché in possesso di una "condotta irreprensibile".
  • Il Cristo Re, realizzato a partire dal 1929 dallo scultore Timo Bortolotti, fu voluta per celebrare la conciliazione tra lo Stato del Vaticano ed il Regno d’Italia attraverso i Patti Lateranensi e per onorare i caduti della Valle durante la Grande Guerra.
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Castiglione del Lago: il docile Leone del Trasimeno

Una vecchia Renault 4 blu cobalto, targata Perugia, è accostata a un muretto di uno dei vicoli in fiore sulle sponde del Trasimeno, proprio dove un tempo Annibale, famoso condottiero cartaginese, annientò l’esercito romano. Sempre lì, secoli dopo, avrebbero combattuto guelfi contro ghibellini, per poi cedere lo spazio, in seguito, a personaggi del calibro di Niccolò Macchiavelli e di Leonardo da Vinci. A lasciare, ancora, le loro impronte prima i soldati napoleonici e poi i tedeschi e gli alleati durante la Seconda Guerra mondiale.

Ha molto da raccontare Castiglione del Lago, piccolo borgo umbro di origine etrusca, al confine con la Toscana, sorto su un promontorio calcareo, anticamente isola, insieme alle tuttora staccate dalla terraferma Polvese, Maggiore e Minore.

Circondato da mura medievali (è proprio nel Medioevo che raggiunge il suo massimo splendore sotto la guida della famiglia Corgna, imparentata con Papa Giulio III) vi si accede tramite 3 porte: la Perugina (risalente al XIII secolo), la Fiorentina (del XVI secolo) e la Senese (ricostruita nel ‘900), ingresso principale del paese.

Da non perdere

Prima tappa, una volta addentrati nel borgo, Palazzo della Corgna, oggi sede degli uffici comunali, ma concepito inizialmente (fu costruito nel 1563) come una piccola reggia. Suggestive le sue sale affrescate per lo più dal Pomarancio (pittore vissuto a cavallo tra il ‘500 e il ‘600, noto soprattutto per aver realizzato opere in diverse chiese di Roma e nella Basilica di San Pietro).

Attraverso un’ antica via di fuga si raggiunge la Rocca del Leone che svetta sull’azzurro Trasimeno adagiato tra dolci colline. Fatta erigere dall’imperatore Federico II di Svevia nei primi decenni del 1200 è di pianta pentagonale irregolare sulla falsariga della costellazione del Leone. Da qui il nome non solo della Fortezza ma della città stessa. Il borgo infatti da Clusium Novum, ossia Nuova Chiusi, (poi sostituito da Castula o Castellio) iniziò a chiamarsi Castellum Leonis da cui poi Castiglione, cioè Castello del Leone.

Piccola, ma non meno importante, è anche la barocca Chiesa di San Domenico fatta costruire nel 1636 da Fulvio II, ultimo duca della Corgna, per ottemperare a un voto fatto al santo di Guzmàn affinché la moglie, Eleonora de Mendoza, guarisse da una grave cancrena al braccio (sono tuttora conservati gli strumenti che servirono per l’operazione. Una riproduzione dell’arto si trova, invece, nel museo di San Domenico, accanto alla chiesa). Corredata da un soffitto ligneo a cassettoni, conserva al suo interno la tombe del poeta italiano del ‘500 Cesare Caporali oltre che del duca Fulvio II.

Dopo l’intenso tour culturale è obbligatorio concedersi un po’ di relax. Diverse sono le spiagge attrezzate dove poter contemplare, in tranquillità, la bellezza del paesaggio. Da assaggiare, nel frattempo, due antichi piatti di pesce di lago: il Brustico, persico abbrustolito sulla brace di canna lacustre, la cui origine pare risalga agli Etruschi, e il Tegamaccio, zuppa di diverse varietà di pesce cotta per almeno 3 ore, a fiamma bassissima, in pentola di terracotta.

Una volta ricaricate le energie, ci si può dedicare ad attività quali lo sci d’acqua, l’acquascooter, il windsurf, o il kitesurf. Altrimenti, è possibile raggiungere, tramite traghetto, la graziosa isola Maggiore, con le sue chiesette, i resti romani e il mulino a vento.

 

 

Curiosità

Durante la Seconda Guerra mondiale Castiglione del Lago fu attraversata dalla Linea Albert, detta in gergo Linea del Trasimeno, sorta a scopo difensivo, a opera dell’esercito tedesco, durante il 1944.

Nella frazione di Villastrada si trova uno tra gli ulivi più antichi. Risalente a 2500 anni fa, ha resistito a guerre, invasioni e gelate, tra cui quelle del 1929, del 1956 e del 1985, che hanno distrutto ulivi e altri alberi. Ma non è l’unico albero degno di nota. Famoso, perché pare sia il più grande al mondo con i suoi 1080 metri di lunghezza e 50 di larghezza, è quello di Natale allestito sulle acque del lago, durante le festività natalizie, a partire da dicembre 2019.

Meno recente è la Festa del Tulipano, appuntamento fisso nel mese di marzo, durante cui si tiene la sfilata di carri allegorici addobbati interamente con petali di tulipano ispirati, proprio come quelli del Carnevale, a temi di ogni genere. L’usanza di questa festa affonda le sue origini nel 1956. Alcune famiglie olandesi, provenienti perlopiù da Haarlem e Leida, trasferitesi nel borgo umbro, decisero di festeggiare l’arrivo della primavera, addobbando la città con tulipani, divenuti simbolo dell’Olanda a partire dal secondo dopoguerra.

 

Valeria De Simone

 

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