Fuori Porta: Bienno, il piccolo mondo antico a due ore da Milano

Superato il Lago di Iseo, la grande statua dorata del Cristo Re, che dall’alto del Colle della Maddalena abbraccia la bassa Valcamonica, ci conferma che siamo nella direzione giusta. Poco a poco, tra le montagne innevate, svetta Bienno. Eletto da artisti provenienti da tutto il mondo come propria “residenza creativa” (non a caso è noto come “Borgo degli artisti”), è famoso in tutto Europa per la millenaria lavorazione del ferro con il maglio ad acqua grazie alle presenza di un canale artificiale in legno: il Vaso Re.

Costruito dai monaci benedettini nell’XI secolo, deviava parte delle acque del vicino torrente Grigna all’interno del paese per alimentare le ruote delle fucine, dei mulini e delle segherie.

Lontano dal frastuono della città (siamo a un’ora di auto da Brescia e due da Milano) tra muri in pietra, torri, chiesette e piccole botteghe si riassapora, così, la genuinità non solo dei casoncelli, ravioli di grandi dimensioni a forma di mezzaluna fatti a mano e ripieni di carne, ma anche degli antichi mestieri. Proprio come in un presepe vivente, (è davvero magica qui l’atmosfera a poche settimane dal Natale) non sarà difficile incontrare lungo i vicoli il cestaio o il maniscalco. 

 

 

Da non perdere

A proposito, da non perdere dall’8 al 10 dicembre il vivace e colorato NATALE NEL BORGO dove, tra la nenia delle zampogne e lo scricchiolio delle caldarroste sui tizzoni ardenti, si potrà assistere a proiezioni luminose e a numerosi spettacoli a tema natalizio, degustare prodotti tipici e… lasciare la propria letterina a Babbo Natale!

Se si visita Bienno ad agosto, invece, non si può non fare tappa alla tradizionale Mostra Mercato, ricca di eventi e dimostrazioni di attività artigianali. 

Da segnare, invece, sulla mappa: il Museo Etnografico del Ferro, delle Arti e delle Tradizioni Popolari, il Mulino, il Museo della Vita Contadina, la chiesa dei Santi Faustino e Giovita, che spicca per il portale in arenaria di Sarnico, la quattrocentesca Santa Maria Annunciata e l’Eremo dei SS Pietro e Paolo, un’oasi di pace circondata dal verde con una straordinaria terrazza naturale a picco sulla Valle Camonica. Secondo la tradizione, sarebbe stato Sant’Antonio da Padova a porvi la prima pietra nel 1230.

Bienno è anche un buon punto di partenza per il trekking. Dal borgo è possibile raggiungere facilmente sentieri e boschi e la ciclovia dell’Oglio che collega il Passo del Tonale con la Pianura Padana.

Curiosità

  • Il toponimo “Bienno” potrebbe derivare dal nome gentilizio di origine romana Biennius. Proprio nel borgo, infatti, è stato rinvenuto un frammento di lapide sul cui margine laterale si legge “ienni” e “ennus”. Secondo alcuni studiosi sulla parte mancante sarebbe stata presente una B.
  • Bienno potrebbe anche avere avuto origine da biennium termine che identificava quei canali artificiali (di solito in legno o, in epoca successiva, in pietra e muratura) che portavano l’acqua alle ruote dei mulini.
  • Nel 1592 nasce a Bienno l’Istituto delle Zitelle allo scopo di aiutare le donne nubili, tra 15 e 40 anni, prive di mezzi sufficienti, purché in possesso di una "condotta irreprensibile".
  • Il Cristo Re, realizzato a partire dal 1929 dallo scultore Timo Bortolotti, fu voluta per celebrare la conciliazione tra lo Stato del Vaticano ed il Regno d’Italia attraverso i Patti Lateranensi e per onorare i caduti della Valle durante la Grande Guerra.
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Castiglione del Lago: il docile Leone del Trasimeno

Una vecchia Renault 4 blu cobalto, targata Perugia, è accostata a un muretto di uno dei vicoli in fiore sulle sponde del Trasimeno, proprio dove un tempo Annibale, famoso condottiero cartaginese, annientò l’esercito romano. Sempre lì, secoli dopo, avrebbero combattuto guelfi contro ghibellini, per poi cedere lo spazio, in seguito, a personaggi del calibro di Niccolò Macchiavelli e di Leonardo da Vinci. A lasciare, ancora, le loro impronte prima i soldati napoleonici e poi i tedeschi e gli alleati durante la Seconda Guerra mondiale.

Ha molto da raccontare Castiglione del Lago, piccolo borgo umbro di origine etrusca, al confine con la Toscana, sorto su un promontorio calcareo, anticamente isola, insieme alle tuttora staccate dalla terraferma Polvese, Maggiore e Minore.

Circondato da mura medievali (è proprio nel Medioevo che raggiunge il suo massimo splendore sotto la guida della famiglia Corgna, imparentata con Papa Giulio III) vi si accede tramite 3 porte: la Perugina (risalente al XIII secolo), la Fiorentina (del XVI secolo) e la Senese (ricostruita nel ‘900), ingresso principale del paese.

Da non perdere

Prima tappa, una volta addentrati nel borgo, Palazzo della Corgna, oggi sede degli uffici comunali, ma concepito inizialmente (fu costruito nel 1563) come una piccola reggia. Suggestive le sue sale affrescate per lo più dal Pomarancio (pittore vissuto a cavallo tra il ‘500 e il ‘600, noto soprattutto per aver realizzato opere in diverse chiese di Roma e nella Basilica di San Pietro).

Attraverso un’ antica via di fuga si raggiunge la Rocca del Leone che svetta sull’azzurro Trasimeno adagiato tra dolci colline. Fatta erigere dall’imperatore Federico II di Svevia nei primi decenni del 1200 è di pianta pentagonale irregolare sulla falsariga della costellazione del Leone. Da qui il nome non solo della Fortezza ma della città stessa. Il borgo infatti da Clusium Novum, ossia Nuova Chiusi, (poi sostituito da Castula o Castellio) iniziò a chiamarsi Castellum Leonis da cui poi Castiglione, cioè Castello del Leone.

Piccola, ma non meno importante, è anche la barocca Chiesa di San Domenico fatta costruire nel 1636 da Fulvio II, ultimo duca della Corgna, per ottemperare a un voto fatto al santo di Guzmàn affinché la moglie, Eleonora de Mendoza, guarisse da una grave cancrena al braccio (sono tuttora conservati gli strumenti che servirono per l’operazione. Una riproduzione dell’arto si trova, invece, nel museo di San Domenico, accanto alla chiesa). Corredata da un soffitto ligneo a cassettoni, conserva al suo interno la tombe del poeta italiano del ‘500 Cesare Caporali oltre che del duca Fulvio II.

Dopo l’intenso tour culturale è obbligatorio concedersi un po’ di relax. Diverse sono le spiagge attrezzate dove poter contemplare, in tranquillità, la bellezza del paesaggio. Da assaggiare, nel frattempo, due antichi piatti di pesce di lago: il Brustico, persico abbrustolito sulla brace di canna lacustre, la cui origine pare risalga agli Etruschi, e il Tegamaccio, zuppa di diverse varietà di pesce cotta per almeno 3 ore, a fiamma bassissima, in pentola di terracotta.

Una volta ricaricate le energie, ci si può dedicare ad attività quali lo sci d’acqua, l’acquascooter, il windsurf, o il kitesurf. Altrimenti, è possibile raggiungere, tramite traghetto, la graziosa isola Maggiore, con le sue chiesette, i resti romani e il mulino a vento.

 

 

Curiosità

Durante la Seconda Guerra mondiale Castiglione del Lago fu attraversata dalla Linea Albert, detta in gergo Linea del Trasimeno, sorta a scopo difensivo, a opera dell’esercito tedesco, durante il 1944.

Nella frazione di Villastrada si trova uno tra gli ulivi più antichi. Risalente a 2500 anni fa, ha resistito a guerre, invasioni e gelate, tra cui quelle del 1929, del 1956 e del 1985, che hanno distrutto ulivi e altri alberi. Ma non è l’unico albero degno di nota. Famoso, perché pare sia il più grande al mondo con i suoi 1080 metri di lunghezza e 50 di larghezza, è quello di Natale allestito sulle acque del lago, durante le festività natalizie, a partire da dicembre 2019.

Meno recente è la Festa del Tulipano, appuntamento fisso nel mese di marzo, durante cui si tiene la sfilata di carri allegorici addobbati interamente con petali di tulipano ispirati, proprio come quelli del Carnevale, a temi di ogni genere. L’usanza di questa festa affonda le sue origini nel 1956. Alcune famiglie olandesi, provenienti perlopiù da Haarlem e Leida, trasferitesi nel borgo umbro, decisero di festeggiare l’arrivo della primavera, addobbando la città con tulipani, divenuti simbolo dell’Olanda a partire dal secondo dopoguerra.

 

Valeria De Simone

 

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Soave: l’autunno tra i vicoli della città del vino

Invasioni barbariche, famiglie nobili, antichi palazzi e confraternite. Ai piedi dei monti Lessini, l’aria sottile delle prime giornate di autunno sa di storia, da assaporare lentamente, sorso dopo sorso, come un calice di vino al tramonto quando il sole si fa strada tra le 24 torri dell’imponente cinta muraria. È da lì che si apre, infinita, la verde distesa di vigneti e di colline: pura poesia a soli 20 chilometri dalla romantica Verona.

Precisamente a Soave, borgo sull’antica via Postumia, strada romana che collegava tutta la Gallia Cisalpina, l’odierna Pianura Padana, famoso per il suo castello dove ancora oggi è possibile visitare le stanze padronali e l’armeria con i giacigli dei soldati. Risalente al X secolo, all’epoca dell’invasione degli Ungari, fu poi fatto restaurare dai signori di Verona, gli Scaligeri, nel ‘300 per difendere la città da Est.

Ma non solo. Celebre al mondo, dalle note floreali e fruttate, è il suo Soave Doc bianco, (infinite sono le varietà) delicato e deciso allo stesso tempo, come il paesaggio in cui nasce.

Antichissime ne sono le testimonianze. Cassiodoro, storico romano, che visse a cavallo tra il regno romano-barbarico degli Ostrogoti e l’Impero romano d’Oriente, lo descriveva così: «il vino bianco, ottenuto da uve selezionate, ha un bellissimo candore che sembra creato da un giglio bianco»

Un vino, definito in tempi più recenti da Gabriele D’Annunzio, «della giovinezza e dell'amore. Lo bevo in omaggio al passato: se non mi ridà i miei vent’anni, me ne ravviva il ricordo»

 

 

DA NON PERDERE

Soave è, ancora, passeggiare tra i vicoli del centro storico, ricco di palazzi d’epoca tra cui quello dei Conti San Bonifacio, sede della Cantina del Castello. (Non è l’unica. Tra le più famose sono anche la Cantina Coffele e, al di fuori della cinta muraria, Rocca Sveva, e Corte Mainente).

Raggiungendo Piazza Antenna si incontrano poi Palazzo di Giustizia, Palazzo Cavalli, Palazzo dei Conti Sambonifacio e Palazzo del Capitano. Numerosissime, ancora, le chiese: Prima tra tutte il Duomo di San Lorenzo Martire che, risalente al ‘300 e restaurata cinque secoli dopo, ospita al suo interno la pala di San Rocco, dipinta Francesco Morone nella prima metà del Cinquecento.

Da non perdere, ancora, la Chiesa di S. Maria Assunta della Bassanella, la Chiesa di San Rocco, la Chiesa di Sant’Antonio e Santa Maria dei Padri Domenicani.

Degna di nota è poi la Chiesa di San Giorgio, dei padri Francescani. Dalle forme semplici e con un piccolo campanile, in seguito alla peste del 1630 fu trasformata in lazzaretto. Sospesa al soffitto si può ammirare la costola di un animale preistorico.

CURIOSITÀ

- È nato prima il vino o il paese? Una leggenda vuole che sia stato Dante Alighieri a dare il nome al borgo medievale in onore del suo vino “soave”, in occasione di un banchetto tenutosi proprio al castello scaligero. Secondo altre testimonianze, invece, il toponimo deriverebbe dai Suaves, cioè gli svevi, popolazione che, con le invasioni barbariche, si stanziò nell’Italia settentrionale e fu poi sottomessa dai Longobardi. In una bolla di Papa Eugenio III (1145) il paese è chiamato proprio Suavium, terra dei Soavi, degli Svevi cioè.

-Trascorse a Soave i primi anni della sua infanzia Ippolito Nievo, scrittore dell’Ottocento originario di Padova, famoso per il romanzo storico Le confessioni di un italiano. In piazza Mercato si può ammirare una sua statua.

-Solo il 15% del vino Soave è prodotto per l’Italia. Il 30% viene esportato in Germania, il 15% nel Regno Unito, e l’ 8%  in USA. Il 18% è distribuito nel resto del mondo.

- La Festa dell’Uva, in programma ogni terzo fine settimana di settembre, e giunta quest’anno alla 95esima edizione, è la più antica di Italia.

Valeria De Simone

 

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