Fuori Porta | Castagneto e Bolgheri: camminando nelle poesie di Carducci

“Pace dicono al cuor le tue colline, con le nebbie sfumanti e il verde piano ridente ne le pioggie mattutine”. Il cuore sobbalza nel petto alla vista di quel paesaggio dolce, ma allo stesso tempo forte e orgoglioso come il suo carattere e libero come la sua poesia. Descrive così Giosuè Carducci, “con gli occhi incerti tra ’l sorriso e il pianto”, in Traversando la maremma toscana, sonetto composto durante in viaggio in treno, “quel tratto che va da Cecina a san Vincenzo, cerchio” della sua “fanciullezza”.

Siamo a una manciata di minuti di auto dalla Costa degli Etruschi, suggestivo tratto di mare compreso tra Livorno e Piombino, dove si è svolta, nelle scorse settimane, l’Iconvention 2024.

Precisamente nel borgo di Castagneto Carducci, così chiamato, dal 1907, in onore del poeta toscano poi trasferitosi a Bologna, e nella frazione di Bolgheri, raggiungibile attraverso il famoso Viale dei Cipressi immortalato da Carducci in Davanti San Guido (I cipressi che a Bólgheri alti e schietti Van da San Guido in duplice filar, quasi in corsa giganti giovinetti mi balzarono incontro e mi guardar”).

È proprio a partire dal settecentesco Oratorio di San Guido, all’inizio della via Aurelia, che una fila di fittissimi cipressi secolari (circa 2400) taglia in due la campagna maremmana per 5 chilometri. Lì, per commemorare il poeta, primo italiano vincitore del Premio Nobel per la letteratura, Giuseppe Della Gherardesca (membro dell’antica famiglia di origine longobarda che ha avuto un importante ruolo nella storia della Toscana) fece innalzare, nel 1908, un piccolo obelisco.

 

 

Da non perdere

Alla fine del percorso, asfaltato nel 1954 e divenuto monumento nazionale sotto la tutela del Ministero dei Beni Culturali, si erge maestoso il castello la cui costruzione risale probabilmente all’anno 1000. Attualmente abitazione privata, è accessibile solo una volta l’anno, il 16 luglio, in occasione della festa patronale. Da non perdere, inoltre, la chiesetta dei santi Giacomo e Cristoforo, dotata di un’originale facciata a capanna, risalente al Medioevo.

Camminando nel centro di Bolgheri troviamo, ancora, la statua di Nonna Lucia (“Giù de cipressi per la verde via, alta, solenne, vestita di nero, parvemi riveder nonna Lucia” ricorda ancora il poeta in Davanti San Guido) a cui il Carducci era molto legato.

“E sotto il maestrale, urla e biancheggia il mar”… Spostandosi a Castagneto Carducci, si può ammirare il Tirreno da tanti punti panoramici sparsi per la città, fatta di botteghe di artisti e di artigiani e di viuzze tappezzate da pannelli informativi su alcune opere di Carducci, aneddoti e storie di vita vissuta durante la sua permanenza nel borgo.

Per approfondire la figura del poeta, consigliati il Museo Archivio Carducciano e Casa Carducci dove sono conservati libri, riviste, materiale iconografico, fotografie e bozze delle poesie legate al territorio.

Non solo poesia. Ma anche tanto buon cibo. A troneggiare sulle tavole di questi territori, nonostante la vicinanza al mare, i sapori forti delle carne di cinghiale e del pecorino stagionato. Tra i piatti da assaggiare i Tagliolini al Ragù di Cinghiale.

Dopo pranzo, rimane il tempo per una passeggiata a Marina di Castagneto, una delle località più conosciute e frequentate della Costa degli Etruschi, che sorge a ridosso di una rigogliosa pineta. Famoso è il suo Cavallino Matto, uno dei più grandi parchi giochi della Toscana.

Curiosità

Si trova a Castagneto Carducci l’antica Fabbrica di Liquori Emilio Borsi. Si racconta che Carducci fosse legato da un rapporto di amicizia con quest’ultimo (il poeta battezzò il nipote a cui fu dato proprio il nome di Giosuè) e apprezzasse moltissimo i suoi liquori, in particolar modo la China Calisaja. Usata in passato per proteggersi dalla malaria è ancora oggi prodotta manualmente con l’utilizzo di ingredienti naturali.

Nascono, inoltre, nella zona di Bolgheri alcuni dei migliori vini toscani rinomati in tutto il mondo. Tra i più famosi Sassicaia, Bolgheri Superiore, Bolgheri Rosso, Bolgheri Bianco, Ornellaia e Vermentino.

Si pensa che nel Castello di Donoratico di Castagneto, di cui oggi rimangono solo le rovine della cinta muraria esterna e della torre, vivesse il Conte Ugolino, noto per la tragica vicenda narrata da Dante nel Canto XXXIII dell’Inferno. A dare credito all’ipotesi è lo stesso Carducci che nella sua poesia Avanti! Avanti! scrive: “La fiera Torre di Donoratico a la cui porta nera Conte Ugolin bussò con lo scudo e con l'aquile a la Meloria infrante, il grand'elmo togliendosi da la fronte che Dante ne l'inferno ammirò”.

 

Valeria De Simone

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Fuori Porta | Come in un quadro, alla scoperta della città del "Quarto Stato"

Con un braccio sorregge un neonato, con l’altro incita la folla a seguirla. Alla sua destra due uomini con barba e cappello incedono con passo sicuro. Dietro di loro, un’indistinta schiera di braccianti in protesta si fa strada tra innumerevoli tonalità di marrone, il colore della terra. Simbolo di emancipazione e di riscatto sociale, rivisitato e reinterpretato negli anni, è l’inconfondibile Quarto Stato di Giuseppe Pellizza.

Realizzato tra la fine dell’800 e gli inizi del’900, l’olio su tela, attualmente conservato alla Galleria d’Arte Moderna di Milano, ha preso vita proprio nel borgo natìo del pittore che, legatissimo al suo paese, aggiunse alla sua firma “da Volpedo”. «Un artista – la pensava così Pellizza che si formò nelle città più disparate, tra cui Roma, Firenze e Parigi - può esprimersi compiutamente soltanto se vive a contatto con la sua terra». Il paesino piemontese, di origine romana, posto allo sbocco del torrente Curone, al confine tra la pianura padana e i colli tortonesi, divenne così teatro di capolavori artistici famosi al mondo.

Sfumato è il confine tra presente e passato, arte e natura nei vicoli di Volpedo, meta ideale per una gita fuori porta per chi arriva da Genova (60 km) o da Milano (70 km). Proprio negli innumerevoli scorci che hanno ispirato Pellizza sono esposte le riproduzioni delle sue opere. Uno fra tutti il percorso ad anello, lungo 5 km, noto come il Sentiero della Montà di Bogino, che, in questi tiepidi giorni di primavera, vi farà immergere tra vigneti, colline e alberi immortalati nell’omonimo quadro. Gli occhi si riempiranno poi di struggente bellezza contemplando le tinte vivaci dei Panni al sole di via Cornaggia, il sapiente incastro delle forme architettoniche nel Vecchio Mulino di via Mazzini e la palpabile luminosità della Neve di Strada Clementina.

Ricco di suggestioni è ancora il fienile di Casa Pellizza. È qui che, pennellata dopo pennellata, nasce Sul Fienile in cui è ritratto un viandante che trova riparo nel capanno dell’artista proprio nei suoi ultimi istanti di vita. Non si sa da dove venisse, né dove fosse diretto. Pellizza da Volpedo rende eterno quell’attimo sulla tela.

 

 

DA NON PERDERE

Da non perdere, dunque, la Casa Museo Pellizza dove si possono ammirare le opere, gli oggetti personali, i bozzetti e i disegni del pittore che qui visse e lavorò fino alla morte. Distrutto dal dolore per la perdita del figlio e della moglie Teresa (è lei che presta il volto alla donna protagonista del Quarto Stato), si suicidò nel giugno 1907.

Meritano una vista anche il Museo didattico nel Palazzo del Torraglio, in cui scoprire Pellizza in tutta la sua umanità, e la Pieve Romanica di San Pietro, il cui profilo si scorge nella prima stesura del Quarto Stato, nota come Fiumana. Costruita nel X secolo con le pietre del vicino torrente Curone, la Pieve è decorata con affreschi in stile gotico attribuiti alla scuola dei tortonesi Manfredino e Franceschino Boxilio, attiva anche nel Duomo di Milano.

Con una breve passeggiata dal centro, circondato per lo più dalle Mura Spagnole, ricostruite all’epoca in cui Volpedo era parte del Ducato di Milano, a sua volta sotto il dominio spagnolo, si può, inoltre, raggiungere la Quercia monumentale. L’albero, che si trova vicino alla cascina Boffalora, poco fuori la città, è alto circa 15 metri e ha oltre 200 anni. 

 

 

CURIOSITÀ

Il 1º maggio 1995, in occasione della Festa dei lavoratori, la piazzetta in cui è stato dipinto Il Quarto Stato, posta all’interno dell’antico castrum, di fronte al palazzo dei Malaspina, è stata restaurata e stata ribattezzata piazza "Quarto Stato".  Grazie a dei lavori di recupero, la piazza ha mantenuto le stesse dimensioni e l’aspetto di fine ottocento. Se ci si posiziona dove attualmente c’è il lampione, si può osservare la piazza dalla stessa prospettiva del quadro. Nel settembre del 2001, inoltre, si sono celebrati i cento anni dalla realizzazione dell’opera che è stata esposta per qualche giorno nello studio dove fu dipinta, attirando migliaia di visitatori.

Nel 2015 il borgo ha accolto due coppie di migranti. Tra questi Antonia e Samuel Ihekwoaba che, diventati genitori, hanno voluto chiamare il loro bambino come il paese in cui hanno trovato ospitalità: Volpedo.

Volpedo è famosa per la coltivazione della pesca, in prevalenza a polpa gialla e dolce.  Ogni anno a metà luglio si svolge la Sagra della pesca con il mercato della frutta, dove poter gustare, tra musica e danze, il risotto alla pesca di Volpedo e le pesche di Volpedo al moscato.

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