Martedì, 16 Luglio 2019

Rapporto annuale Inps: la metà dei super ricchi italiani vive a Milano

L'Istat certifica la concentrazione geografica del reddito nel capoluogo lombardo: qui vive il 54% di chi guadagna più di 533mila euro.

I super ricchi italiani? Vivono tutti a Milano. A fare la conta dei "paperoni" del nostro Paese è l'Inps col suo consueto rapporto annuale da cui emerge un dato significativo: più si alza l’asticella di quelli che l’Istituto definisce "top earner", cioè quella fetta di persone che guadagnano di più, più si riscontra una concentrazione al nord, soprattutto nelle aree urbane. 

E a farla da padrone è Milano dove vive un paperone italiano su due. Secondo l'indagine, infatti, vive nel capoluogo lombardo vivono il 54% del top 0,01% - micro-fascia in cui si colloca chi guadagna più di 533mila euro - e il 42% del top 0,1% - chi prende oltre i 217 mila euro annui. Al secondo posto c’è Roma, con percentuali, sottolinea l’Inps, “che però non raggiungono il terzo di quelle milanesi”.

"L'aumento della concentrazione dei 'top earners' nella provincia di Milano man mano che si sale nella distribuzione del reddito è un fenomeno significativo - si legge in una nota dell'Inps - e offre spunti di analisi sulla concentrazione geografica del reddito e le sue implicazioni sull'agglomerazione di competenze qualificate e imprese produttive in pochi centri distribuiti in maniera fortemente disomogenea sul territorio nazionale".

Ma non ci sono solo divari territoriali. Lo stesso presidente dell'Inps, Pasquale Tridico, nella relazione che ha accompagnato il Rapporto annuale, aveva evidenziato "come all'aumentare dei percentili lungo la distribuzione dei salari la quota di donne diminuisce in modo drastico: nel top 10% tale quota si attesta al 23%, nel top 1% si scende al 15% e nel top 0,01% la percentuale di donne è solo del 7,5%".

Non solo. L'analisi contenuta nel Rapporto conferma un aumento rilevante nel tempo della soglia necessaria per entrare nel top 0,1% e soprattutto nel top 0,01% della popolazione dei lavoratori: per questo ultimo la soglia aumenta da 220.000 euro nel 1978 a 533.000 euro nel 2017 (+242%). Per Tridico "ciò suggerisce come negli ultimi decenni la concentrazione degli alti redditi abbia caratterizzato in modo rilevante anche il nostro Paese".

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"Meteo Immobiliare": situazione incerta, ma dal 2021 torna il sereno

Secondo l'indagine condotta da Rur e Yard, il 49% degli intervistati prevede una crescita degli affari nel prossimo triennio.

Il mercato immobiliare italiano cammina ma non corre e per uno "scatto" in avanti bisognerà attendere il 2021. Questa, in sintesi, la fotografia che emerge da "meteo immobiliare", lo studio condotto dal centro ricerca Rur (Rete Urbana delle Rappresentanze) e dalla società di consulenza Yard, presso un panel di tecnici, operatori ed esperti del real estate giunto alla sua terza edizione. 

Per quanto riguarda l'anno in corso, soltanto nel nord-ovest (segmento che ingloba Milano e Bologna, veri e propri trascinatori negli ultimi mesi) il 50% degli operatori definisce già “in ripresa” il 2019. Un dato in controtendenza rispetto alla media nazionale: il 52,4% indica infatti una situazione stagnante e va ancora peggio tra sud e isole dove il 10% degli intervistati ha segnalato una contrazione del business.

Niente di nuovo per quanto riguarda i prezzi, ancora inesorabilmente fermi. Solo un quinto degli interpellati prevede un aumento visibile quest'anno e limitato al “nuovo/ristrutturato”. Nel triennio, però, quasi la metà degli interpellati prevede un aumento dei valori per il residenziale nelle zone centrali, che però si accompagnerà a un'ulteriore riduzione per gli immobili posti in periferia.

Ampliando lo sguardo al prossimo triennio, il 49% degli esperti prevede un aumento delle compravendite del residenziale nuovo (erano il 34% nel 2017) e nella logistica il balzo è ancora più significativo, prevedono espansione il 28% degli intervistati, contro il 19% del 2017. Il 2021 potrebbe essere davvero l'anno della svolta, tuttavia sul futuro pesano diverse incognite, prime fra tutte il possibile inasprimento della tassazione e una stretta del credito da parte del sistema bancario.

Secondo l'indagine è il settore ricettivo e quello legato alla white economy, ovvero le strutture che ospitano i servizi per la salute e il welfare a dare i risultati migliori. Mostrano ancora segno di sofferenza, invece, il retail e il comparto uffici, settori fortemente influenzati dall’andamento dell’economia sia in termini di consumi interni che di Pil. 

 

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