Immobiliare, i servizi crescono più del fatturato: in Italia valgono 43 miliardi

Lo studio di Scenari Immobiliari: il comparto dei servizi immobiliari tricolore è aumentato del 5% rispetto al 2018

Il mondo immobiliare non è solo case e agenzie. Cresce sempre di più il settore dei servizi alla proprietà, che ormai rappresenta una fetta importante del mercato e diventa sempre più importante per fare la differenza nel definire la qualità di un immobile. È quanto emerge da "Rapporto sulla filiera dei servizi immobiliari in Europa e in Italia", lo studio di Scenari Immobiliari presentato a Roma in apertura del convegno “FUTU.RE”.

Secondo i dati pubblicati, nel 2019 il fatturato del comparto dei servizi immobiliari nei cinque grandi Paesi europei "è stato superiore a 385 miliardi di euro con un aumento dell’1,2% rispetto all'anno precedente. Allaergando lo sguardo a livello continentale, il settore vale oltre 480 miliardi di euro.

E l'Italia non è da meno. I servizi immobiliari tricolore sono in grande sviluppo e nel 2019 hanno raggiunto quota 43 miliardi di euro: l'incremento rispetto al 2018 è anche più alto rispetto a quello continentale: +5%. Si tratta crescita superiore a quella registrata nel mercato immobiliare che è stata del 3,9 per cento. In Italia nel 2019 l’intera filiera dei servizi all’immobiliare (dalla progettazione alla vendita) supera il mezzo milione di addetti (+2,9% sul 2018), tra diretti e indiretti, facendo registrare una crescita del 15,8 per cento in cinque anni, ai primi posti in Europa.

“L’Italia - ha affermato Mario Breglia, Presidente di Scenari Immobiliari - si conferma il Paese con il peso maggiore delle attività immobiliari all’interno dello scenario economico nazionale, con una quota stimata per il 2019 pari al 19,3 per cento. E’ un comparto produttivo in rapida crescita sia di addetti che di fatturato e ha ancora ampi spazi di crescita sia per aree geografiche che per tipologia di mercato”.

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Immobiliare, investimenti record per 12 miliardi: volano hotel e uffici

Secondo l'analisi di Cbre, nel 2019 si è registrato un aumento degli investimenti del 37%. Boom per hotel (3 miliardi) e uffici (5 miliardi)

Hotel e uffici spingono alle stelle gli investimenti del settore immobiliare. È quanto emerge dall'analisi effettuata da Cbre che ha messo sotto la lente d'ingrandimento i dati del real estate tricolore nel 2019 confermando una netta crescita nel volume d'affari

Nel 2019 gli investimenti nel settore immobiliare del nostro Paese hanno superato i 12 miliardi di euro (per la precisione 12,3) con 4,9 investiti solo nel quarto trimestre. La crescita è stata addirittura del 37% rispetto all'anno precedente e solo del 6% rispetto al 2017 che però era stato l'anno dei record con 11,2 miliardi di investimenti totali. Ma c'è un dato che spicca più di tutti: Milano,  con volumi pari a quasi 4,6 miliardi di euro di investimenti, vale da sola il 40% del mercato.

Come anticipato, a fare la parte del leone nel settore immobiliare è soprattutto il comparto di hotel e uffici: sempre secondo Cbre, gli investimenti dell'hospitality valgono 3,3 miliardi di euro, un nuovo record anche per varietà di operazioni e di investitori. "Le due operazioni più importanti dell’anno valgono insieme 1,3 miliardi di euro". Ma non è finita qui: questi dati, uniti alle transazioni appena effettuate e a quelle previste fanno ipotizzare un 2020 molto positivo pertutto il settore.

Per quanto riguarda gli uffici, invece, il volume di affari ha raggiunto quota 5 miliardi di euro: "di questi, oltre 3,6 miliardi sono stati investiti a Milano". Tra le transazioni più rilevanti Galleria Passarella (venduta per oltre 280 milioni e con rendimenti molto compressi, dicono da Cbre), ma anche la cessione del palazzo dell’informazione alla famiglia Rovati.

Logistica e retail Segnali positivi anche dai settori della logistica e del retail: secondo Cbre, il primo ha registrato volumi di investimento di oltre 1,3 miliardi di euro, mentre il secondo ha visto quasi 2 miliardi di euro di investimenti, ma senza dimenticare che sul mercato sono numerosi gli asset retail in vendita. Cbre sottolinea, infatti, che "nel 2019 i grandi protagonisti sono stati i Factory Outlet, a fronte di una riduzione degli investimenti nei più tradizionali Centri Commerciali". 

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Il Regno Unito dopo la Brexit: prezzi in aumento e affitti alle stelle

Cosa succederà al mercato immobiliare inglese dopo la Brexit? Si prevedono ottimi affari per i proprietari di immobili.

L'ora X è scattata alla mezzanotte a cavallo tra il 31 gennaio e primo febbraio: dopo tre anni dal famigerato referendum, il Regno Unito ha ufficialmente lasciato l'Unione Europea concretizzando la tanto temuta Brexit. Un passaggio più di facciata, perché il vero distacco ci sarà solo alla fine del periodo di "transizione soft", cioè il 31 dicembre 2020. Ma cosa succederà al mercato immobiliare inglese dopo la Brexit?

Secondo Il Sole 24 Ore si prevedono tempi d'oro per i proprietari di immobili d'oltremanica grazie a "un forte aumento delle locazioni a fronte di un aumento della domanda e di un calo dell'offerta" sopratutto per quanto riguarda il settore lusso. Savills, infatti, prevede "un aumento degli affitti nel settore prime dell'1% nel 2020 e del 10,9% nei prossimi cinque anni" mentre è atteso un incremento ancora più marcato del valore degli immobili prime "del 20,5% nel centro di Londra e dell'11,5% in altri quartieri della capitale".

Ad aumentare saranno anche i prezzi degli immobili che, dopo il crollo dopo il referendum del 2016 sono tornati a correre, spinti dalla domanda da parte dei settori finanziario e tech: "Facebook ha appena annunciato la creazione di mille posti di lavoro a Londra - scrive il quotidiano economico - mentre Apple ha scelto Battersea Power Station per il suo ampliato quartier generale europeo".

La crescita dei prezzi non farà altro che aumentare il numero dei potenziali inquilini: chi non sarà in grado di acquistare, infatti, sarà costretta a scegliere l'affitto. Le previsioni confermano affitti alti per diversi anni, non è un caso, quindi, che sia aumentata la percentuale di investitori che hanno acquistato casa a Londra per poi affittarla puntando a ghiotti guadagni: ora i proprietari non britannici sono il 35%, contro il 27% del 2016. 

 

 

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