Press ESC to close

È il momento

  • 10 Novembre 2025

Oh my friend, che bello rivederti!

Non chiedermi perché sto facendo i cartoni.
Sono sicuro che tu, oh my friend, te lo stia chiedendo, mentre guardi questo caos ordinato di scatole aperte, nastro adesivo e vecchie etichette sbiadite. E sì, lo ammetto, anch’io mi sono chiesto mille volte perché mi ritrovo qui, in cantina, dove tutto ha l’odore dell’antico.

Un odore che non è solo polvere e passato, ma fiducia.
L’odore dell’antico è la fiducia fatta materia. È la certezza silenziosa che le cose importanti, anche se dimenticate per un po’, non vengono mai davvero abbandonate. Come un oggetto riposto anni fa in uno scatolone, che ha creduto per tutto il tempo che un giorno qualcuno sarebbe tornato a prenderlo. È rimasto lì, paziente, coperto di polvere, con la dignità delle cose che sanno di valere.
E quando quella mano finalmente arriva, quando il coperchio si solleva e la luce filtra dentro, quell’oggetto non si sente mai vecchio. Si sente vivo, pronto a tornare a servire, a brillare, a raccontare ancora.
Forse è proprio questa la fiducia di cui abbiamo bisogno, oh my friend: la fiducia che, anche se la vita ci mette in pausa, arriverà sempre un momento in cui torneremo a risplendere.

Ed è così che oggi, in questo seminterrato che profuma di memoria, sto riempiendo i cartoni. Ma non sto impacchettando solo oggetti. Sto mettendo in ordine un percorso. Sto chiudendo un capitolo, non per dimenticarlo, ma per custodirlo come si custodiscono le cose preziose. Perché ogni viaggio merita di essere riposto con gratitudine, pronto per essere riaperto un giorno, quando un nuovo inizio chiamerà.

Sul tavolo, come sempre, il nostro caffè bollente. L’aroma invade la stanza, mescolandosi all’odore del cartone e della polvere.
È il momento, l’ultimo, del nostro rituale: le nostre cuffie! Una a te ed una a me, e ora sediamoci sugli scatoloni già chiusi. 

Play.

Le note si diffondono, lente e potenti: “Don’t Stop Believin’” dei Journey.
È una canzone che non parla solo di speranza. Parla di resistenza. Di quella scintilla che ci tiene in piedi anche quando tutto intorno sembra fermarsi.

Just a small town girl, living in a lonely world, she took the midnight train going anywhere.

Quella ragazza è ciascuno di noi, oh my friend.
Tutti, prima o poi, prendiamo quel treno di mezzanotte: quello che parte nel silenzio delle decisioni difficili, delle scelte coraggiose. Quel treno che non promette una destinazione, ma un viaggio.
E ogni volta che lo prendiamo, ci trasformiamo un po’. Perché il viaggio, anche se ci lascia stanchi, ci restituisce vivi.

Don’t stop believin’, hold on to that feelin’ – non smettere di credere, aggrappati a quella sensazione.

Quella sensazione è il nostro filo conduttore: la consapevolezza.
È ciò che abbiamo costruito insieme, giorno dopo giorno, editoriale dopo editoriale.
Abbiamo imparato che credere non è cieco ottimismo, ma un atto di fiducia razionale: un modo per dire al mondo “io ci sono”, anche quando non tutto è chiaro.
Abbiamo imparato che la fede più grande non è verso il successo, ma verso la crescita.
Che la vera vittoria è non smettere mai di crederci, anche quando non c’è nessuno che applaude.

Ricordi, oh my friend, dove tutto è cominciato?
Dalla consapevolezza di sé. Da quel primo passo dentro di noi, quando abbiamo deciso di guardarci davvero, senza filtri, senza paura.
Abbiamo capito che conoscere se stessi è come illuminare una stanza buia: all’inizio ti acceca, poi inizi a distinguere le forme, e alla fine tutto ha un senso.
Poi siamo andati oltre. Abbiamo imparato a riconoscere i nostri limiti, non per subirli, ma per usarli come confini entro cui dare forma al nostro potenziale.
E quel potenziale, coltivato, curato, rispettato, è diventato energia creativa. Una forza che ci spinge, ci rinnova, ci definisce.

Ma la consapevolezza, se resta chiusa dentro di noi, perde potenza.
E così abbiamo scoperto che il compito più grande è trasferirla.
Trasferire consapevolezza non è solo insegnare: è accendere una luce nell’altro.
È mostrare che ognuno ha dentro di sé le risposte che cerca. È dire: “Puoi farcela. Non perché te lo dico io, ma perché l’hai sempre saputo.”
È questo il miracolo della connessione umana: quando una scintilla accende un’altra scintilla, e poi un’altra ancora, finché tutto intorno si illumina.

Eppure, oh my friend, in ogni percorso arriva un momento in cui bisogna fermarsi e riconoscere che un cerchio si è chiuso.
Non per spegnere la fiamma, ma per permettere a una nuova di accendersi.
Ogni cerchio, come gli anelli di un tronco, racconta una fase della nostra crescita.
Ci insegna che tornare al punto di partenza non significa tornare indietro, ma arrivarci diversi.
È il privilegio di chi evolve: guardare le stesse cose con occhi nuovi.

E in questa cantina, tra gli scatoloni e i ricordi, sento che questo cerchio si sta chiudendo.
Ma non c’è malinconia. C’è solo gratitudine.
Gratitudine per ogni parola condivisa, per ogni riflessione nata da un caffè, per ogni emozione che si è trasformata in pensiero.
E mentre riempio un altro cartone, penso che forse la fiducia è proprio questo: sapere che ogni fine è solo l’inizio di un nuovo capitolo.
È credere che quello che abbiamo costruito continuerà a vivere, anche quando non lo guardiamo più.

Prima di chiudere questa cantina e lasciarla al silenzio, voglio darti un ultimo dono.
Ti ricordi il libro che ti avevo prestato, “Il cammino dell’uomo” di Martin Buber?
Ecco, oggi te lo regalo.
Perché adesso sarà il tuo compagno di viaggio.
Perché tra le sue pagine c’è tutto ciò che serve per il cammino che farai senza di me.

Buber scrive: l’uomo non deve cercare un altro mondo, ma imparare a stare in questo, nel punto in cui Dio l’ha posto.
E aggiunge che ogni essere umano deve imparare a rispondere alla chiamata che lo riguarda, non quella degli altri, ma la propria.

È questo, oh my friend, il cuore di tutto ciò che abbiamo imparato insieme: trovare il proprio posto nel mondo.
Non quello più comodo, né quello più applaudito, ma quello che ti permette di essere pienamente te stesso.

Perché solo lì, in quel posto che ti accoglie per ciò che sei, la tua luce non brucia ma illumina.

La musica continua a riempire la stanza, e mentre le note di Don’t Stop Believin’ si dissolvono nell’aria, capisco che ogni viaggio ha bisogno di un’ultima tappa, e di un primo passo.
Il treno di mezzanotte è pronto, oh my friend. E stavolta è il tuo turno di salirci.
Io resto qui, tra gli scatoloni, a guardare la polvere che danza nella luce del mattino, con il sorriso di chi sa che la fiducia, quella vera, è lasciare andare.

E così, oh my friend, mentre finisco di sistemare l’ultimo cartone, mi accorgo che non c’è tristezza, ma gratitudine.
Perché questo non è un addio.
È un grande arrivederci.
Non è un abbandono.
È un atto di fiducia.

Fiducia che, qualunque sarà la tua prossima strada, saprai percorrerla con la luce che hai acceso dentro. Fiducia che, anche quando sarò altrove, le nostre parole continueranno a camminare con te. Fiducia che, in qualche futuro ancora da scrivere, ci ritroveremo, magari per un altro caffè, in un altro luogo dove tutto, di nuovo, inizierà.

E allora sì, oh my friend…
Don’t stop believin’.
Perché i cerchi non finiscono.
Si moltiplicano.