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Benvenuti al Sud: la mitologica bellezza del Cilento

  • 3 Luglio 2023

Qui non si muore disse Gioacchino Murat in visita a Castellabate nel 1811. Davanti agli occhi i monti del Cilento che si tuffano nel golfo di Salerno. Nelle narici aria pura e l’odore pungente dei limoni. Come dargli torto? La celebre frase pronunciata dal re di Napoli, impressa in una targa in prossimità del Belvedere San Costabile, accoglie i visitatori nel borgo medievale divenuto famoso per il film “Benvenuti al Sud”.

Piccolo spoiler: l’ufficio postale, diretto da Claudio Bisio nei panni di Alberto Colombo, non esiste nella realtà. Al suo posto, alcuni bar dove poter sorseggiare un caffè vista mare accompagnato da un croccante e cremoso cannolo cilentano.

Proseguiamo il nostro tour. Camminando tra i vicoli stretti, adornati di fiori, arriviamo al Castello dell’Abate (che dà nome al paese) fatto costruire dall’abate Costabile Gentilcore nel 1123 a scopo difensivo dagli attacchi dei saraceni.

Ma non è l’unico della zona. A 20 minuti di macchina si trova anche la maestosa roccaforte angioina-aragonese di Agropoli. Situata in cima al promontorio, su cui il centro storico è arroccato, è raggiungibile attraverso una salita fatta di “gradoni”. Una volta arrivati in cima incantevole è la vista sul porticciolo con le sue barchette adagiate sul mare cristallino. E se il Grecale vi assiste, potrete scorgere, al tramonto, l’isola di Capri.

DA NON PERDERE

Se amate la natura dovete assolutamente immergervi nel sentiero Apprezzami l’Asino, a Sapri. A sinistra terra e alberi, dritti di fronte a voi discese e risalite. Sulla destra il golfo di Policastro.

Agli inizi del ‘900 era l’unico tratto che collegava il piccolo paese costiero in provincia di Salerno a Maratea (Pz), snodo nevralgico per lo scambio di merci trasportate dagli asini. Il percorso è in alcuni tratti talmente stretto e ripido che difficilmente due asini, provenienti da sensi opposti, riuscivano a passare insieme. Accadeva così che, dopo una valutazione degli animali e dei carichi, in cambio di un risarcimento pari alla metà del valore dell’asino meno prezioso, quest’ultimo venisse gettato in mare. Da qui il bizzarro toponimo Apprezzami l’Asino.

Adesso di asini non se ne vedono più. A fare capolino, invece, tra i flutti, è la statua della Spigolatrice, adagiata, come una sirena, sullo scoglio dello Scialandro. La ricorderete dai celebri versi di Luigi Mercantini, pregni di patriottismo risorgimentale (“Eran 300, erano giovani e forti…”) imparati sui banchi di scuola.

Realizzata nel 1994 dall’artista Gennaro Ricco, non è l’unica statua della bella contadina che appoggiò la fallimentare impresa di Carlo Pisacane contro la monarchia borbonica. Nel 2021, nei giardini del lungomare di Sapri è stata inaugurata quella dello scultore Emanuele Stifano. Formosa e dalla sguardo fiero, è stata bollata dai media come “troppo audace e sexy”.

Non lasciate il Cilento senza aver fatto tappa a Scario, borgo marinaro alle pendici del Monte Bulgheria, ideale per una pausa pranzo all’ombra di casette variopinte e al suono delle campane della Chiesa dell’Immacolata, dove è conservata una piccola e prodigiosa statua della Madonna. Si narra che, proprietà di un capitano di un veliero, fu donata a Scario a seguito di un miracolo. Era il 1846. L’imbarcazione, proveniente da Napoli e diretta in Sicilia, fu colta da una tempesta improvvisa. Il capitano promise che se fosse scampata al naufragio avrebbe lasciato la statuetta nel primo porto in cui avesse trovato riparo. Così fu. E da allora, il 10 agosto di ogni anno, una processione in mare ricorda l’evento.

Da non perdere, poi, in estate, le spiagge selvagge e incontaminate di Marina di Camerota (che vanta la presenza di numerose grotte di origine carsica dove sono stati rinvenuti reperti risalenti all’età della pietra) e la Baia del Buon Dormire, con la sua sabbia fine e dorata, a Palinuro

CURIOSITÀ

Rota racconta che Palinuro, dopo aver invocato il dio Sonno, si lascia morire perché respinto dalla bella sirena, poi trasformata in roccia da Venere. La dea dell’amore decide infatti di punirla condannandola a guardare per l’eternità il nocchiero respinto. Camerota e Palinuro restano vicini, ma non al punto da potersi incontrare, divisi per sempre da una lunga spiaggia.

Miti e leggende aleggiano intorno all’origine di queste due località. Nel quinto libro dell’Eneide Virgilio narra che il nocchiero di Enea, Palinuro (il cui nome in greco significa “vento contrario”), tradito dal dio Sonno mentre conduceva la flotta verso l’Italia, cade in mare.

Nonostante fosse riuscito a raggiungere la costa a nuoto, viene ucciso dalla popolazione del luogo (che sarà poi da allora chiamato Palinuro) perché scambiato per un mostro marino.
Secoli dopo, lo scrittore napoletano Berardino Rota (1508-1575), in apertura della sua opera poetica in latino Sylvarum seu Metamorphoseon liber, lega inscindibilmente la vicenda di Palinuro a quella di Camerota. O meglio, della ninfa del mare Kamaraton.

Valeria De Simone