Abbracciato dai Colli Euganei, con i suoi boschi, vigneti, uliveti e corsi d’acqua, offre scorci di rara bellezza in cui, complice il mite clima di maggio, ci si può immergere percorrendo i numerosi sentieri a piedi o in bicicletta.
Solo il cinguettio degli uccelli infrange il “poetico” silenzio. Francesco Petrarca, già anziano e non in ottima salute, non si trasferì nel borgo, a 30 chilometri da Padova, per caso. Cercava un rifugio dove potersi dedicare alla scrittura e alla meditazione, lontano dalla vita delle città dove aveva fino ad allora vissuto. Si innamorò della tranquillità e della salubrità dell’aria del paese che, dal 1866, è a lui indissolubilmente legato: Arquà Petrarca. Dopo l’annessione del Veneto al Regno d’Italia, infatti, il nome del celebre poeta venne affiancato a quello originario del borgo, Arquà, fino a diventare un tutt’uno.
“Dopo l’annessione del Veneto al Regno d’Italia, il nome del celebre poeta venne affiancato a quello originario del borgo fino a diventare un tutt’uno”
Da non perdere
Tra finestre ad arco, tetti in cotto e caratteristici loggiati, non lontano dalla centrale Piazza San Marco, spicca la medievale casa di Petrarca. Donata al poeta da Francesco da Carrara, signore di Padova, presenta arredi d’epoca, affreschi e cimeli che rievocano la vita e le opere dello scrittore. Degni di nota sono il giardino retrostante che, ricostruito secondo le descrizioni dell’epoca, mostra le erbe aromatiche e le piante medicinali che Petrarca coltivava personalmente e lo studiolo dove il poeta compose alcune delle sue opere più importanti, tra cui il Canzoniere. Ma non solo. Secondo leggenda, sempre in quella stanza, nella notte tra il 18 e il 19 luglio 1374, Petrarca morì con la testa posata su un libro.Fu sepolto nel sagrato della chiesa di Santa Maria Assunta, e la sua tomba, in marmo rosso di Verona, è ancora oggi un importante luogo di pellegrinaggio per gli studiosi e gli amanti della letteratura.
Caratteristica è anche la Fontana di Petrarca,realizzata in pietra di Nanto, una roccia calcarea di colore giallo.Già esistente prima dell’arrivo del poeta ad Arquà, fu poi chiamata così proprio perché, pare, ne commissionò il restauro. Certo è, invece, che Petrarca la utilizzasse per approvvigionarsi di acqua durante il suo soggiorno nel borgo veneto. Fonti numen inest, hospes: venerare liquorem, unde bibens cecinit digna Petrarcha deis recita un’iscrizione in latino sull’arco frontale. “Un nume abita in questa fonte, o straniero: venera quest’acqua, bevendo la quale il Petrarca poté cantare versi divini”. Da non perdere, ancora, il Museo dei Pianoforti Antichi, ospitato a Villa Centanin. La mostra permanente espone circa 25 pianoforti, di diversi tipi e forme, realizzati da famosi costruttori europei tra il XVIII e il XIX secolo. Non lontano da Arquà, merita poi una visita il Laghetto della Costa, specchio d’acqua di origine naturale alimentato da sorgenti termali e importante sito archeologico con resti di un villaggio palafitticolo risalente all’età del Bronzo

“LaFontana di Petrarca,realizzata in pietra di Nanto, era già esistente prima dell’arrivo del poeta, fu poi chiamata così perché ne commissionò il restauro”

Curiosità
L’origine del toponimo Arquà deriva probabilmente dal latino Arquatum o Arquata Montium, che significa “Arco di monti”, denominazione che fa riferimento alla posizione geografica del paese situato su un’altura circondata dai Colli Euganei.
Arquà Petrarca è famoso per la produzione di giuggiole, piccoli frutti ovali con la buccia sottile utilizzati per preparare confetture, sciroppi, dolci e il tipico Brodo di giuggiole, liquore digestivo dal sapore dolce e aromatico, da cui deriva anche il famoso modo di dire “essere in un brodo di giuggiole” per indicare uno stato di estrema felicità.
Come in ogni antico borgo che si rispetti non possono mancare, a passeggio tra i vicoli, curiosi e agili gatti. Pare che anche Petrarca ne avesse uno (anzi, una) che lo seguì, ovunque, fino alla morte. Per molto tempo si è creduto che la gattina del poeta fosse quella imbalsamata e conservata in una teca di vetro all’interno della sua casa. Si scoprì poi essere una trovata di Girolamo Gabrielli, proprietario dell’appartamento nel XVI secolo, per attirare i visitatori.
Valeria De Simone