La Manovra 2026 mette fine a una trattativa lunga e complessa sulla fiscalità degli affitti brevi, introducendo un sistema di tassazione a “doppio binario” che segna una svolta rilevante per il mercato delle locazioni turistiche. La versione definitiva dell’articolo 7 chiarisce l’impianto della riforma e ridisegna il perimetro della cedolare secca, con l’obiettivo dichiarato di contrastare il sommerso e riportare ordine in un comparto cresciuto in modo rapido e frammentato.
Il nuovo meccanismo prevede due aliquote distinte. La cedolare secca al 21% viene confermata, ma solo per la prima unità immobiliare destinata agli affitti brevi da ciascun contribuente. Per gli immobili successivi, locati con contratti di durata inferiore ai 30 giorni, l’aliquota sale al 26%, segnando un aggravio fiscale immediato per chi gestisce più di un alloggio a fini turistici.
Dal terzo immobile scatta la partita IVA
La stretta più incisiva, tuttavia, riguarda i multiproprietari. A partire dal terzo immobile messo a reddito con la formula degli affitti brevi, la norma introduce una presunzione legale di attività imprenditoriale. In questi casi, il proprietario sarà obbligato ad aprire una Partita IVA, uscendo automaticamente dal regime agevolato della cedolare secca e rientrando nella tassazione ordinaria Irpef. Ne derivano maggiori oneri, sia sul piano fiscale sia su quello amministrativo e previdenziale, con l’obbligo di tenuta della contabilità e il versamento dei contributi.
La ratio dell’intervento è duplice. Da un lato, il legislatore punta a scoraggiare l’uso sistematico della cedolare secca come strumento di pianificazione fiscale per attività che, di fatto, hanno caratteristiche imprenditoriali. Dall’altro, la riforma mira a favorire l’emersione delle posizioni irregolari e a rendere più trasparente un mercato che negli ultimi anni ha visto una forte espansione, trainata dalle piattaforme digitali e dal turismo urbano.