Giovedì, 17 Gennaio 2019

Come allontanare le cimici

Non è necessario schiacciarle!

RIMEDI NATURALI CHE CONSENTONO DI ALLONTANARE LE CIMICI ASIATICHE

Come ogni autunno che si rispetti, anche quest’anno è in arrivo l’esercito di cimici asiatiche. Il cambio di stagione e soprattutto di clima, infatti, portano con loro questi piccolissimi insetti che spesso invadono le nostre case. Ciò che sconcerta è che negli ultimi anni questa invasione si sta facendo sempre più massiccia. Come eliminarle, allora, nel modo più efficace possibile? 

Le cimici asiatiche sono di fatto di difficile eliminazione, non fosse altro per la sostanza maleodorante che emettono quando vengono schiacciate. Un deterrente in più per lasciarle sopravvivere e trovare altri espedienti naturali per tenerle lontane.

Loro, di fatto, non sono pericolose per l’uomo (non pungono), ma vanno senza dubbio considerate un “rischio fitosanitario” perché in grado di distruggere i raccolti nei frutteti, negli orti e le coltivazioni di soia e di mais (ciò accade soprattutto nel nord Italia). La Halymorpha halys è infatti un insetto infestante molto polifago che può causare danni alla frutticoltura (soprattutto alle Rosaceae) e all’orticoltura (soprattutto alle Fabaceae).

In casa, per limitarne il fastidio e la proliferazione, è utile seguire alcuni accorgimenti, così come in giardino è bene avere cura dell’orto.

Non c’è molto da fare: col freddo le cimici asiatiche si radunano in grandi gruppi in zone più asciutte, proprio come le nostre case. Se si ha, poi, la fortuna di vivere in una fitta vegetazione, il rischio può raddoppiare.

Alcuni accorgimenti per scongiurare l’invasione di cimici asiatiche:

  •  scuotere abbondantemente il bucato prima di portarlo in casa;
  •  montare zanzariere alle finestre;
  •  creare infusi di aglio da spruzzare su finestre, balconi e zanzariere, oppure acqua calda e sapone, che ha un effetto disidratante sugli insetti;
  •  sigillare eventuali fessure;
  •  usare reti per la copertura delle coltivazioni e per riparare le piante;
  •  spray al sapone di Marsiglia, da spruzzare di tanto in tanto sulle piante come repellente per le cimici e per gli afidi; 
  •  anche la menta è un ottimo repellente per scacciare le cimici: basta preparare una soluzione a base di 500 ml di acqua e 10 gocce di olio di menta e spruzzarla come con l’infuso di aglio; 
  •  erba gatta: da coltivare in giardino o in terrazzo, è in grado di proteggere la casa dall'arrivo delle cimici.

 tratto da https://www.greenme.it/abitare/orto-e-giardino/29099-cimici-asiatiche-invasione

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Purificare l'aria naturalmente

Ci sono diverse le specie floreali che riescono a purificare l’aria, non parliamo della capacità di produrre ossigeno che accomuna l’intero regno vegetale, parliamo di piante capaci di pulire l’aria agendo da filtro naturale. La capacità che hanno alcune piante di purificare l’aria è stata apprezzata anche dalla NASA, tanto che negli anni Ottanta, l’agenzia aerospaziale ha stilato la lista delle piante dalle proprietà purificanti. Vediamo insieme otto di queste varietà vegetali.

- L’Aloe Vera non è famosa solo per il suo succo, le sue capacità purificanti sono notevoli, tanto che la pianta è finita nell’elenco redatto dalla NASA.

- La Sanseveria, meglio conosciuta come “lingua di suocera”, oltre a portare un tocco di eleganza all’ambiente domestico, riesce a pulire l’aria di casa: le foglie della pianta riescono a catturare e neutralizzare sostanze come la formaldeide e altri agenti chimici comunemente sprigionati dai detergenti per la pulizia domestica. La Lingua di Suocera può essere sistemata in bagno, neutralizzerà la formaldeide liberata dalla carta igienica, in più, la Sanseveria non teme l’ambiente umido del bagno e non necessita di molta luce.

- Il Crisantemo è ottimo per pulire l’aria da composti a base di benzene, presenti in abbondanza nelle plastiche, detersivi, collanti e vernici. La pianta dovrebbe essere coltivata in prossimità di una finestra: necessita di molta luce.

La Dracena cresce bene anche in condizioni di scarsa luce. Riesce a pulire l’aria rimuovendo diversi agenti inquinanti.

- Azalea, Rhododendron simisii è il simbolo della lotta contro il cancro riesce a purificare l’aria filtrando formaldeide e altri composti chimici. Predilige un ambiente molto illuminato.

- Lo Spatifillo è una bellissima pianta ornamentale non necessita di particolari cure eppure partecipa attivamente alla pulizia domestica: riesce a disattivare molti dei composti organici volatili, i cosiddetti VOC.

- Palma, chamaedorea sefritzii è una pianta che ama l’ombra. Purifica l’aria filtrando sostanze come benzene, formaldeide e tricloroetilene.

Gerbera è la pianta dai grossi fiori colorati, vive bene in piena luce e purifica l’aria rimuovendo le tracce di trielina, sostanza scaricata sui capi d’abbigliamento dai comuni detersivi.


Tratto da https://www.ideegreen.it/piante-per-pulire-laria-27297.html#yM8H9McsU1QOF5of.99

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Cappotto termico in condominio

Uno dei sistemi più utilizzati per risparmiare energia nelle case e per abbassare la bolletta del riscaldamento è avvolgere l’edificio in un cappotto termico.

A dire il vero, non in tutti gli immobili (soprattutto per questioni economiche) questo lavoro viene fatto su tutte le pareti. Si tende, infatti, a proteggere la parte più esposta al freddo, soprattutto quella che si affaccia a Nord, mentre quella a Sud resta con la vecchia struttura.

A questo punto è legittimo chiedersi nel condominio, chi paga il cappotto? Solo i vicini che beneficiano di questo intervento o tutti coloro che possiedono un appartamento all’interno dell’edificio? E se così fosse, perché?

Tutto nasce dal principio del godimento delle cose comuni, da quello che stabilisce in materia in Codice civile e da come è stato interpretato in qualche occasione dalla Corte di Cassazione.

Il principio è il seguente: una cosa che appartiene a tutti va sistemata o migliorata con i soldi di tutti. Immagina, infatti, che l’assemblea del condominio approvi i lavori di sistemazione del tetto: i vicini del piano terra devono pagarli? E devono anche tirar fuori i soldi se si decide di cambiare l’ascensore per metterne uno a norma, visto che non lo usano mai?

Come qualsiasi lavoro che interessi tutti i vicini di uno stabile, anche l’installazione di un cappotto per riparare l’edificio dal freddo e risparmiare sul riscaldamento deve essere deciso dall’assemblea del condomino. Sarà la maggioranza, calcolata in base ai millesimi in mano a ciascuno dei proprietari che rappresenti almeno la metà del valore dell’edificio, a dare il via alla realizzazione del lavoro (Art. 1136 cod. civ.).

La maggioranza, infatti, è chiamata a deliberare sulle opere di innovazione delle cose comuni, intese come quelle che comportano l’alterazione dell’entità sostanziale o il mutamento della destinazione originaria e che, di conseguenza, trasformano la consistenza materiale delle cose comuni e la loro finalità di uso (Cass. sent. n. 12654/2006 del 26.05.06).

In altre parole, la citata maggioranza può decidere di eseguire delle innovazioni che hanno come oggetto:

opere ed interventi mirati al miglioramento della sicurezza e della salubrità degli edificie degli impianti in essi installati;

  • opere ed interventi previsti per l’eliminazione delle barriere architettoniche, per il contenimento del consumo energetico, per realizzare parcheggi ad uso dei condòmini o per realizzare impianti di produzione di energie rinnovabili.

Risulta evidente che l’installazione di un cappotto, cioè di pannelli isolanti nei muri perimetrali del condominio per il contenimento del consumo energetico, comporterà un cambiamento nella consistenza dei muri stessi e che, pertanto, rientra tra gli interventi la cui decisione spetta alla maggioranza dell’assemblea.

Detto questo, cioè stabilito chi decide di fare il lavoro, c’è da capire chi paga il cappotto in condominio. Cominciamo a prendere in mano il Codice civile, sul quale possiamo leggere che le spese necessarie per l’innovazione sono sostenute dai condòmini in misura proporzionale al valore della proprietà di ciascuno, cioè dei millesimi che ognuno ha in mano, salvo diversa convenzione, vale a dire a meno che si sia deciso diversamente (Art. 1123 cod. civ.).

Fino a qui, dunque, il Codice ci dice che pagano tutti in base alla quota di proprietà di ciascuno. Ma c’è subito dopo, nello stesso articolo, un altro passaggio molto interessante. È quello secondo cui «se si tratta di cose destinate a servire i condòmini in misura diversa, le spese sono ripartite in proporzione dell’uso che ciascuno piò farne». Se l’edificio ha più opere o impianti destinati a servire una parte dell’intero fabbricato, le spese relative alla loro manutenzione sono a carico del gruppo di condòmini che ne trae utilità.

Da questi ultimi commi se ne potrebbe dedurre che se il cappotto in condominio beneficia soprattutto una parte dei vicini, cioè quella più esposta al freddo, mentre per gli altri le cose cambiano poco o nulla, dovrebbero essere i primi ad accollarsi i costi dell’installazione del cappotto.

Ma non è così. Almeno secondo la Cassazione che, con una sentenza (Cass. sent. n. 64/2013 del 03.01.2013), smonta questa teoria sostenendo che le opere effettuate nei muri e nei tetti degli edifici condominiali volte a preservare lo stabile dagli agenti atmosferici e dalle infiltrazioni rientrano per la loro funzione tra le cose comuni e le spese sono assoggettate alla ripartizione in misura proporzionale al valore delle singole proprietà esclusive. In parole più semplici: pagano tutti in base ai millesimi di proprietà in mano a ciascuno. Anche perché, continua la Suprema Corte, queste opere non rientrano tra le parti suscettibili di destinazione al servizio dei condòmini in misura diversa ovvero al godimento di alcuni condòmini e non di altri.

 

Se ne deduce che il vicino che si affaccia sul lato Sud dell’edificio pagherà per l’installazione del cappotto in condominio come quello che si affaccia sul lato Nord, sempre in base alle quote di ciascuno, dato che si tratta di un contributo destinato alla conservazione nel tempo e al miglioramento dell’efficienza di un bene condominiale, cioè di un bene di tutti, indipendentemente dal vantaggio aggiuntivo di singoli piani o lati dell’edificio (Cass. sent. n. 21028/2015.).

 

tratto da https://www.laleggepertutti.it/224460_condominio-chi-paga-il-cappotto

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Prestito vitalizio ipotecario

COS'È IL PRESTITO VITALIZIO IPOTECARIO?

È un finanziamento concesso da banche o intermediari finanziari (il “finanziatore”), a persone di età superiore a 60 anni compiuti (“soggetto finanziato”), garantito da ipoteca di primo grado iscritta su un immobile ad uso residenziale a garanzia della restituzione del prestito, degli interessi e delle spese. Se la persona che richiede il prestito è coniugata, costituente l’unione civile o convivente more uxorio da almeno 5 anni e l’immobile da ipotecare in garanzia del P.V.I. costituisce la residenza di entrambi i coniugi, i costituenti l’unione civile o i conviventi, il relativo contratto di finanziamento deve essere sottoscritto da entrambi, anche se l’immobile è di proprietà di uno solo, purché anche l’altro partner abbia compiuto 60 anni di età.

Dunque il prestito vitalizio ipotecario è una sorta di finanziamento che consente, a chi ha compiuto 60 anni ed ha un immobile di proprietà, di ottenere una certa liquidità garantendola con un’ipoteca posta sull’immobile, senza bisogno di vendere la propria casa o di ricorrere alla nuda proprietà.

Il vitalizio ipotecario serve, quindi, ad ottenere un credito dalla banca in cambio di un finanziamento garantito dall’ipoteca sull’immobile e dura per tutta la vita del beneficiario, ossia dal momento della stipula del contratto fino al suo decesso.

La legge che ha introdotto questa nuova forma di prestito, entrato in vigore da marzo 2016, è il dm 226/2015.

Tuttavia, è necessario essere consapevoli della scelta fatta e degli eventuali rischi che si corrono; per questo il Consiglio Nazionale del Notariato ha pubblicato un vademecum in collaborazione con 14 Associazioni dei Consumatori.

L’obiettivo è di orientare i cittadini verso una scelta consapevole in merito al prestito vitalizio ipotecario, illustrando in maniera semplice e sotto forma di domande le opportunità e i rischi che questo strumento finanziario offre.

SI PUÒ STABILIRE A PRIORI LA DURATA DEL PRESTITO VITALIZIO IPOTECARIO?

No, perché dipende dalla durata della vita del soggetto finanziato; se il finanziamento è cointestato al coniuge, al costituente l’unione civile o al convivente, si fa riferimento alla durata della vita del più longevo.

QUANDO IL FINANZIATORE PUÒ CHIEDERE IL RIMBORSO INTEGRALE IN UN’UNICA SOLUZIONE DEL FINANZIAMENTO?

Lo può fare alla morte del soggetto finanziato o se vengano trasferiti, in tutto o in parte, la proprietà o altri diritti reali o di godimento (es. diritto di usufrutto o di abitazione) sull’immobile dato in garanzia o si compiano atti che ne riducano significativamente il valore, inclusa la costituzione di diritti reali di garanzia in favore di terzi che vadano a gravare sull’immobile. 

IL RIMBORSO INTEGRALE DEL PRESTITO VITALIZIO IPOTECARIO COME AVVIENE?

Ci sono due possibilità di rimborso:

  • senza capitalizzazione: il soggetto finanziato rimborsa gradualmente gli interessi e le spese prima del verificarsi degli eventi su indicati; quindi al momento del rimborso dovrà essere restituito solo il capitale;
  • con capitalizzazione: alla scadenza del finanziamento dovranno essere rimborsati in unica soluzione sia il capitale che gli interessi e le spese capitalizzati annualmente. Il finanziamento dovrà essere integralmente rimborsato entro dodici mesi dal verificarsi degli eventi su indicati. In caso di morte del soggetto finanziato, se il finanziamento è cointestato, il rimborso avverrà al momento della morte del più longevo
COSA SIGNIFICA CAPITALIZZAZIONE DEGLI INTERESSI?

Significa che sugli interessi si producono altri interessi (anatocismo).

COSA SUCCEDE ALLA MORTE DEL SOGGETTO FINANZIATO?

Entro 12 mesi dalla morte del soggetto finanziato i suoi eredi devono rimborsare integralmente il finanziamento o, d’accordo con il finanziatore, provvedere in proprio alla vendita della casa. Se entro altri 12 mesi la vendita non si sarà perfezionata, il prezzo si ridurrà ogni anno del 15%, fino a quando la casa non sia venduta.

IL RITARDATO RIMBORSO DEGLI INTERESSI E DELLE SPESE PUÒ ESSERE CAUSA DI RISOLUZIONE DEL CONTRATTO DI PRESTITO VITALIZIO IPOTECARIO?

Sì, se si è scelto il rimborso senza capitalizzazione, il finanziatore potrà chiedere la risoluzione del contratto nel caso di ritardato pagamento (quello effettuato tra il trentesimo e il centottantesimo giorno dalla scadenza) della rata di rimborso degli interessi e delle spese qualora tale ritardo si sia verificato almeno 7 volte, anche non consecutive.

DOVE VIENE ISCRITTA L’IPOTECA?

L’ipoteca viene iscritta nei pubblici registri immobiliari con atto ricevuto o autenticato dal notaio, che è un pubblico ufficiale imparziale.

 

tratto da http://biblus.acca.it/guida-notariato-prestito-vitalizio-ipotecario/

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Tetti verdi: cosa c'è da sapere

In crescita i “tetti verdi”

Anche nel nostro Paese, come nel resto d’Europa, il fenomeno dei tetti verdi e dei giardini pensili è in crescita, grazie anche agli sgravi fiscali previsti dal governo per chi sceglie di impostare un punto verde nella sua terrazza. Uno degli effetti di questa nuova tendenza è la diminuzione di anidride carbonica nell’aria, soprattutto in città particolarmente inquinate, che giovano di queste “fessure” verdi fra il grigio del cemento e dei palazzi.

Chi inserisce in un immobile di proprietà un tetto verde ne aumenta fino al 15% il valore di vendita. In più, dal momento che è necessario predisporre un impermeabilizzazione, si risparmia anche sui costi di riscaldamento e raffreddamento: secondo le stime ufficiali, fino al 30% di spese in meno. La prossima Manovra Finanziaria 2018 inoltre ha predisposto degli sgravi fiscali che possono arrivare fino al 36% delle spese sostenute per chi decide di ripristinare delle aree verdi nella propria abitazione. C’è chi nella terrazza riesce a impiantare perfino dei frutteti, grazie alla tipologia intensiva con uno spessore della copertura che arriva fino a un metro.

I tetti verdi rappresentano un beneficio concreto per l'ambiente, per il tuo risparmio e per la valorizzazione del tuo immobile. I tetti verdi sono in grado di dare un contributo fondamentale nelle costruzioni sostenibili, grazie alla somma di vantaggi ecologici ed economici. Una soluzione di grande qualità estetica che ti permetterà di dare nuova vita al tetto o al terrazzo di casa tua, riqualificando il tuo immobile e risparmiando in bolletta.

Il tetto verde è una copertura vegetale che pone le sue radici nelle tradizioni di molti paesi europei. Se per noi italiani il tetto verde è un’innovazione legata alla bioedilizia, nella storia architettonica dei paesi scandinavi il tetto verde è un’autentica tradizione.

Tetto verde, vantaggi

Il mix di terra e vegetali impiantato sui tetti consente di realizzare delle coperture ben isolate, protette dall’aria e dall’acqua, resistenti al vento e al fuoco. La realizzazione di un tetto verde dovrebbe essere affidata a un tecnico qualificato, soprattutto se si tratta di un tetto verde intensivo. La manutenzione dipende dal tipo di vegetazione scelta, indubbiamente un tetto verde intensivo richiederà manutenzione e cure costanti, mentre per un tetto verde estensivo realizzato con erbacee a lenta crescita, basterà un intervento all’anno.

Sono molti i vantaggi legati all’allestimento di un tetto verde. Le coperture vegetalizzate svolgono un importante ruolo isolante e i vantaggi economici sono molteplici: una semplice diminuzione di 1 °C della temperatura di superficie diminuisce il fabbisogno elettrico dell’abitazione del 5 per cento, tale riduzione è legata alla minore richiesta di elettricità per riscaldamento e raffreddamento degli ambienti.

Tra gli altri vantaggi economici vi è la durata: i tetti verdi durano il doppio dei tetti ordinari, in più, un tetto verde può essere impiegato a scopi agricoli. Restando sempre tra i vantaggi dell’ambito economico vi è il valore immobiliare: il costo di una casa aumenta con una copertura verde!

Tra i vantaggi ambientali vediamo che il tetto verde assorbe calore, riduce l’utilizzo degli apparecchi elettrici consentendo un taglio alle emissioni nocive, in più, la vegetazione filtra l’aria eliminando le particelle inquinanti. In pratica l’aria perimetrale alla casa sarà più pulita.

Per il benessere collettivo, i tetti verdi diminuiscono l’effetto di isola termica tipico dei centri urbani, alleviano la rete fognaria assorbendo acqua e riducono sensibilmente la temperatura in estate. Come mai attutiscono l’effetto “isola urbana” e abbassano le temperature estive? Questo si verifica perché il manto erboso assorbe l’energia del sole mentre i classici tetti riflettono l’energia solare sotto forma di calore. In altre parole, l’aria perimetrale alla casa sarà più fresca.

Tetto verde inclinato e tetto verde estensivo

Il tetto verde di tipo estensivo è quello di più facile accesso: richiede spessori più esigui, capacità di carico inferiori e quasi mai richiede interventi strutturali preliminari.

Il tetto verde estensivo è particolarmente adatto agli edifici di grandi dimensioni e ai tetti inclinati. E’ caratterizzato da un spessore e da un peso più esiguo.

Tetto verde: spesso e peso

Un tetto verde estensivo ha uno spessore di substrato che varia dai 10 ai 15 cm circa.

Il peso del tetto verde estensivo può variare dai 30 ai 100 km per metro quadrato a capacità massima in acqua. Un tetto estensivo necessita di una più bassa manutenzione e si innaffia soltanto in caso di siccità prolungata.

Di solito, per allestire un tetto verde estensivo si impiantano muschi, graminacee o piante grasse, quindi parliamo di vegetazione molto resistente e dalla lenta crescita: l’altezza dei vegetali di un tetto verde estensivo non supera mai i 25 cm e l’associazione di più varietà vegetali conferisce a questi tetti un aspetto multicolore che varia a seconda delle stagioni. L’unico inconveniente del tetto verde estensivo sta nel fatto che non può essere calpestato e neanche coltivato.

Tetto verde calpestabile: il tetto verde intensivo

E’ sbagliato parlare di “tetto verde calpestabile”, piuttosto bisognerebbe definirlo “praticabile”: il tetto verde intensivo dà la possibilità di allestire un vero e proprio giardino sul tetto, con tanto di piante, orticello e aiuole!

Al contrario del tetto verde estensivo, quello intensivo, ha uno spessore più elevato, si parla di 20 – 40 cm per un peso di sovraccarico compreso tra i 120 e 350 kg per metro quadrato a capacità massima in acqua. Il tetto verde intensivo può essere coltivato ma per la sua realizzazione sarà necessario rivolgersi a degli esperti per sapere se le strutture dell’edificio possono supportare il carico.

Quanto costa un tetto verde

Nell’articolo “tetto verde: costo e come fare” abbiamo fornito indicazioni sul prezzo del tetto verde chiavi in mano, compreso di posa in opera e acquisto di specie arboree. Il costo varia tanto tra tetto verde intensivo ed estensivo, inoltre può aumentare sensibilmente se la struttura dell’abitazione non è già idonea a supportare un certo carico, e quindi necessita di lavori preliminari per allestire un giardino sul tetto!

Permessi per costruire un tetto verde

L’iter burocratico da seguire è semplice ma varia da comune a comune: bisognerà informarsi che nella propria zona non vi siano vincoli architettonici, storici o paesaggistici. Al Comune occorre presentare l’idonea pratica edilizia firmata dal tecnico abilitato che opererà la messa in opera del tetto verde.

Tetto verde: stratigrafia

Il tetto verde è fatto da diversi strati di materiale e per questo si parla di stratigrafia. La stratigrafia che troviamo comunemente online è solo generale, infatti ogni tetto verde può avere esigenze a sé. Anche in questo caso vi forniamo una stratigrafia generica del tipico esempio di tetto verde con suolo naturale. La stratigrafia vede cinque differenti bande che riproducono la struttura del suolo naturale:

  1. Impianto vegetale: Si tratta dello strato terminale, più a vista, comprende piante di diverse specie in base al tipo di tetto verde (intensivo o estensivo).
  2. Substrato di crescita: Si chiama strato colturale e costituisce il terreno di coltura. E’ formato da compost leggero. Può avere uno spessore diverso in base al tipo di piante da coltivare. Per esempio, per le piante ornamentali è richiesto uno spessore di 15 cm, per alberelli e siepi, si arriva a 100 cm di spessore. Per del semplice prato bastano 7 cm.
  3. Membrana di filtrazione: Serve a trattenere il terreno e a far filtrare l’acqua nello strato drenante sottostante.
  4. Drenaggio e accumulo idrico: E’ uno strato costituito da ghiaia o polietilene, atto a smaltire la pioggia trattenendone una minima parte da restituire gradualmente, in forma di umidità, al terriccio soprastante.
  5. Membrana impermeabile: E’ lo strato isolante di cruciale importanza. E’ costituito da materiali sintetici e va a sostituire il classico impermeabilizzante già presente sui tetti.


Fonte https://www.ideegreen.it/tetto-verde-42659.html#7XoCUVmWO4mJQ5gz.99 http://www.aedile.com/2017/12/crescita-tetti-verdi/

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Cos'è un Mutuo di Scopo?

Cosa succede se un prestito ottenuto dalla banca viene richiesto dichiarando uno scopo ma effettivamente venga poi utilizzato per scopi differenti rispetto a quelli dichiarati all’istituto di credito?

Un comportamento del genere può rendere nullo il contratto e liberare il debitore dall’obbligo di restituzione del finanziamento?

A chiarire la questione è stata una recente ordinanza della Cassazione che ha spiegato, in tema di mutuo di scopo, quando il contratto è nullo. La Corte ha anche risposto alla domanda se è valido il contratto di finanziamento stipulato al fine di estinguere un precedente debito.

Il mutuo di scopo è caratterizzato dal fatto che, nel contratto firmato con la banca, viene indicata la finalità a cui devono essere destinate le somme date in prestito.

In altri termini, la banca si impegna a finanziare un determinato progetto e il cliente a restituire gli importi secondo modalità e tempi concordati.

Lo sviamento da detta finalità rende nullo il contratto. Il “progetto” infatti entra nel contratto e va a integrare la sua stessa causa: venendo meno il progetto viene meno la causa del contratto e quindi la sua validità.

Questa interpretazione è ormai sostenuta da giurisprudenza unanime. In particolare, secondo le aule dei tribunali, nel mutuo di scopo si verifica una «deviazione dal tipo contrattuale» quando il mutuatario (il cliente) abbia assunto espressamente un obbligo nei confronti del mutuante (la banca) – in ragione dell’interesse di quest’ultimo ad una specifica modalità di utilizzazione delle somme per un determinato scopo – e ciò nonostante non rispetti tale obbligo. Pertanto, l’inosservanza della destinazione delle somme indicata nel mutuo rileva ai fini della validità o meno del contratto stesso.

La rilevanza dello scopo del finanziamento fa sì che, nel mutuo di scopo, poiché il mutuatario non si obbliga solo a restituire la somma mutuata, con i relativi interessi, ma anche a realizzare l’attività programmata, siffatto impegno assume rilievo causale nell’economia del contratto, con conseguente nullità in ipotesi di effettiva mancanza di causa.

Si potrebbe pensare che la destinazione delle somme per finalità diverse rispetto a quelle dedotte in contratto è un comportamento che dipende dal soggetto finanziato e non dalla banca; sarebbe pertanto ingiusto rendere quest’ultima corresponsabile – con la sanzione della nullità del contratto – per una condotta che non dipende da essa. In realtà, nella prassi, l’istituto di credito è sempre compartecipe dell’effettivo utilizzo dei propri soldi e può comunque esercitare un controllo sulle condotte del mutuatario.

Diverso è il caso del mutuo fondiario, quello cioè acceso dietro rilascio di un’ipoteca su un immobile del debitore. Questo non viene considerato un mutuo di scopo, non essendo previsto che agli effetti della sua validità la somma erogata debba essere necessariamente destinata ad una specifica finalità che il mutuatario sia tenuto a perseguire. Pertanto la causa – e lo sviamento dalla causa – del finanziamento non rilevano ai fini della validità del contratto.

Spesso le banche concedono un mutuo (dietro ipoteca o fideiussioni) per azzerare pregresse passività che il proprio cliente ha con esse. In pratica, le somme prestate servono non per realizzare un progetto ma per comprare un precedente debito sicché diventano essere stesse fonte di un nuovo piano di restituzione. Tale pratica è ritenuta lecita se non viene utilizzato il mutuo di scopo. La giurisprudenza ha ritenuto che l’utilizzo da parte del mutuatario delle somme ricevute dalla banca mutuante per estinguere le passività accumulate da questi o da altro soggetto nei confronti della banca medesima è fatto estraneo alla causa del contratto di mutuo fondiario che rimane pertanto valido poiché non costituisce un mutuo di scopo.

Diversamente all’ipotesi di concessione del muto fondiario nei soli mutui di scopo, tutte le volte in cui le somme somministrate al cliente non vengono impiegate per lo scopo concordato, ma per coprire o ripianare precedenti esposizioni debitorie contratte con il medesimo istituto di credito erogante il mutuo, questo sarà nullo e il debitore, non dovrà più rimborsare le somme avute in prestito.

 
tratto da https://www.laleggepertutti.it/215562_mutuo-di-scopo-quando-il-contratto-e-nullo
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Facciate diverse: Street Art

Le abitazioni signorili di un tempo avevano la facciata molto elaborata, la loro decorazione spaziava da stucchi in basso ed alto rilievo, a tinte piatte. Le case più ricche avevano sulle balconate o tetti e terrazzi anche sculture o complessi scultorei, mentre alcune altre erano letteralmente ricoperte da ricchi affreschi. 

Vediamone alcuni esempi

PALAZZO IN STILE ART NOUVEAU AL OPERA DELL'ARCHITETTO MIKHAIL EJZENSTEJN A RIGA 

Riga Art Nouveau Elizabetes iela

https://www.turistadimestiere.com/2014/01/riga-capitale-dellart-nouveau.html

 
PALAZZO IN STILE LIBERTY IN VIA MALPIGHI A MILANO

milanoguida  

https://www.tripadvisor.it/LocationPhotoDirectLink-g187849-d4523242-i140434390-Milanoguida-Milan_Lombardy.html

CASA BATLLÓ - DEL CELEBRE ARCHITETTO CATALANO ANTONI GAUDÍ CHE SORGE A BARCELLONA

Casa Batllo e1400105274747

http://www.turistaoggi.it/destinazioni/europa/casa-batllo-tutta-loriginalita-gaudi-barcellona/788

Ci limitiamo a soli tre esempi esplicativi, solo per dare modo di vedere la differenza tra quello che è stata la decorazione delle facciate tra l'800 ed il '900 e come invece vengono caratterizzati adesso i palazzi. Difatti al giorno d'oggi la tendenza è cambiata, sembra un'arte più "clandestina" quella che si è diffusa, affascinante ed incredibile. Le vecchie costruzioni sono le più predisposte e dunque le più "attaccate" dagli artisti che dentro o e fuori la struttura, creano effetti artistici importanti ed impressionanti. 

Alcuni di questi artisti utilizzano il loro grande talento dando vita a ritratti di enorme effetto, altri sono sarcastici, alcuni potremmo definirli grandi quadri di denuncia, mentre alcuni sono "giochini simpatici" che sfruttano l'illusione. 

Street art in Lyon  Street art in Athens

https://www.doozylist.com/art/30-fascinating-street-art-examples-around-world/

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https://barbarapicci.com/2017/06/12/streetart-news-908/

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https://www.instagram.com/p/BJKrSirjOLX/

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https://barbarapicci.com/2015/06/08/megx/

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https://www.tumblr.com/privacy/consent?redirect=http%3A%2F%2Ftassels.tumblr.com%2Fpost%2F25267701448

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https://barbarapicci.com/2018/06/21/streetart-tec-cordoba-argentina/

 

Ovviamente queste sono solo alcune delle molteplici opere in giro per il mondo. Chissà che non vogliate ingaggiare un artista per rendere la vostra facciata un po' più particolare degna di una foto e turismo, per finire inevitabilmente sui canali web!

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Il Decostruttivismo: architetture all'avanguardia

Il decostruttivismo in architettura si impone come una ricerca verso forme e strutture liberate dai precetti del moderno e sensibili piuttosto a esasperare in spettacolari incrinature, decentramenti e vistose dissimetrie, le forme di un’architettura considerata come espressione di una sensibilità contemporanea definitivamente instabile.

Per molti esponenti e docenti di questo movimento il "decostruttivismo", ovvero la vera architettura, non era destinata alla costruzione ma piuttosto era confinata alla carta, era una speculazione critica sul suo destino e il suo ruolo in un clima ostile. 

Lanciata nel 1988 in occasione di una mostra tenuta al MoMA (Museum of Modern Art) New York dal 23 giugno al 30 agosto 1988.

Nella mostra, curata da Philip Johnson e Mark Wigley, viene rilanciata una tendenza di segno totalmente opposto, anche se analogamente riconducibile, all'alveo della storia architettonica europea: quella del costruttivismo russo degli anni venti del Novecento che per primi infransero l'unità, l'equilibrio e la gerarchia della composizione classica per creare una geometria instabile con forme pure disarticolate e decomposte.

“…per il nuovo titolo della mostra fu scelto il più neutro ed innocuo De-Constructivist Architecture. Si dovevano esporre soltanto progetti non realizzati ed irrealizzabili. Il titolo De-costruzione fu ricavato principalmente dalle teorie del filosofo francese Jacques Derrida. Occorreva un radicamento storico. Per assonanza di titolo si pensò al Costruttivismo russo: così alcuni lavori dei costruttivisti russi furono anche inseriti nella mostra.”

Diane Ghirardo

Guardiamo da vicino alcuni opere di pazzi visionari del decostruttivismo.

CONTEMPORARY ARTS CENTER - CINCINNATI DI ZAHA HADID 

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Contemporary Arts Center Cincinnati Zaha Hadid Rosenthal Center 05    Contemporary Arts Center Cincinnati Zaha Hadid Rosenthal Center sketch

https://www.inexhibit.com/mymuseum/contemporary-arts-center-rosenthal-center-for-contemporary-art-cincinnati-zaha-hadid/

 

Tra le tante opere e progetti ricordiamo il Contemporary Arts Center di Cincinnati museo di arte contemporanea in Ohio ed è una delle prime istituzioni di arte contemporanea negli Stati Uniti.

Il CAC è un museo non di raccolta che si concentra sui nuovi sviluppi in pittura, scultura, fotografia, architettura, performance art e nuovi media. Concentrandosi sulla programmazione che riflette "l'arte degli ultimi cinque minuti", il CAC ha esposto le opere di molti artisti famosi all'inizio della loro carriera, tra cui Andy Warhol.

 
VLADO MILUNIĆ E FRANK OWEN GEHRY CON LE TORRI DANZANTI

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https://it.habcdn.com/photos/project/big/casa-danzante-di-praga-334233.jpg

Costruita nel 1996, considerata uno dei pilastri dell'architettura moderna praghese. Il progetto è stato elaborato dagli architetti Vlado Milunič a Frank O. Gehry. La concezione dell'edificio é ispirata allo stile di danza della famosa coppia Fred Astaire (torre di pietra) e Ginger Rogers (torre di vetro). Nella Casa Danzante potete visitare la galleria, il ristorante e il bar con terrazza panoramica dal quale potete ammirare una veduta di Praga a 360 gradi.

IL GRATTACIELO DANIEL LIBESKIND A CITY LIFE MILANO

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http://www.grupposabatini.eu/portfolio/daniel-libeskind/

Un complesso di tre grattacieli di Zaha Hadid, Arata Isozaki e Daniel Libeskind, non solo fuori scala rispetto contesto, ma soprattutto molto più alti dei grattacieli storici di Milano, come il Pirellone, la Velasca o la torre Galfa.

All’architetto Mark Wigley è il “portavoce ufficiale” del concetto di decostruttivismo. Dal marzo all’agosto dell’88, Wigley, scrive tre saggi dedicati alla decostruzione, dove argomenta la “diversa sensibilità”

“il sogno di forma pura è stato turbato, la forma non è più da tempo semplicemente pura, è stata contaminata”

Wigley fa seguire l’introduzione di quella che è l’anima stessa della decostruzione: la destabilizzazione che è rivolta proprio a quell’armonia, quell’ordine, e quella stabilità che sono oggetto delle note invarianti derridiane.

La destabilizzazione della purezza formale come tema fondamentale di questa nuova architettura che “guadagna tutta la sua forza nello sfidare i veri valori dell’armonia, dell’unità e della stabilità e nel proporre una diversa visione della struttura secondo la quale le incrinature sono intrinseche alla struttura stessa”.

L’architetto decostruttivista mette in questione le forme pure della tradizione architettonica e identifica i sintomi  di un impurità repressa. L’impurità viene portata alla superficie tramite una combinazione di gentile coazione e violenta rottura.

“La forma è letteralmente interrogata”

Le architetture decostruttiviste sono oggetto di turismo e di stupore per chi le guarda. Rimane solo una domanda: 

Vi piacerebbe vivere in una casa decostruttivista?

 
 

tratto da https://library.weschool.com/lezione/il-decostruttivismo-20592.html https://www.domusweb.it/it/progettisti/zaha-hadid.html  

http://kosmostudio.altervista.org/decostruttivismo.html 

https://www.prague.eu/it/oggetto/luoghi/1643/la-casa-danzante-tancici-dum?back=1

 http://www.mosaico-cem.it/attualita-e-news/italia/una-torre-di-polemiche 

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Divisori e separé

Divisori e separé permettono di creare nuovi ambienti all'interno di stanzeampie e di donare un po' di privacy in più. 

Ci sono una gran varietà di separé per tutti i gusti/stili e perchè no, anche a costo zero, creati dunque con materiali di recupero come pallet, tavole di compensato, dischi in vinile, vecchie porte, finestre, stoffe, corde e tanto altro.

La scelta del notro separé o divisorio è caratterizzata dallo stile della nostra casa. Qui toveremo alcune idee da adattare al vostro stile e magari da realizzare con attraverso la vostra fatasia con un po' di manualità.

UNO STILE GIAPPONESE?

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DIVISORI CON DOPPIA FUNZIONE?

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https://www.greenme.it/abitare/eco-fai-da-te/14263-divisori-separe-riciclo-creativo

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http://paperproject.it/wp-content/uploads/2013/09/separe-pannello.jpg

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http://shopmakers.us/separ-cucina-soggiorno.html#

DIVISORI SHABBY CHIC

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https://it.pinterest.com/pin/130252614197192371/?lp=true

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PER AMBIENTI RUSTICI O ETNICI

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divisori 3 corde 1

https://www.greenme.it/abitare/eco-fai-da-te/14263-divisori-separe-riciclo-creativo

una vecchia porta

https://www.greenme.it/abitare/eco-fai-da-te/14263-divisori-separe-riciclo-creativo

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http://www.mobilioutletdesign.com/Porte-Pareti-Pannelli/separe-black-199_504.php

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separe con materiale di riciclo 14

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parete

https://tempolibero.pourfemme.it/foto/riciclo-creativo-di-vecchie-persiane_3029_5.html

cassette per separare gli spazi 294106

https://progetti.habitissimo.it/progetto/come-delimitare-gli-spazi-e-creare-diversi-ambienti-in-casa

separe con rami

https://www.designmag.it/foto/separe-in-legno-per-interno_9697.html

 

Se tutti questi esempi hanno stimolato la vostra creatività armatevi di porte, legnetti, corde e carta e date vita il vostro separé!

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La mia tettoia è abusiva?

Per costruire una tettoia è necessario chiedere l’autorizzazione al Comune, senza il permesso a costruire, la tettoia si considera abusiva.

Oltre a rispondere del reato di abuso edilizio, chi ha costruito la tettoia senza la licenza del Comune correrà il rischio di vedersi la tettoia del vicino a meno di tre metri da quella propria.

Questo perché le distanze minime tra tettoie (che devono essere di tre metri) si calcolano avendo, come punti di riferimento, le tettoie solo se queste sono in regola con le autorizzazioni amministrative; invece, se la tettoia è illegale, il calcolo della distanza si deve fare dal muro della casa cui la tettoia è ancorata.

Chi vuole costruire una tettoia, anche se ancorata al muro della propria abitazione, deve prima chiedere il permesso di costruire al Comune (è il cosiddetto titolo edilizio).

Vediamo cosa deve fare il proprietario quando una tettoia è abusiva. 

Solo le tettoie di modestissime dimensioni, che coprono ad esempio lo spazio strettamente necessario a non farsi bagnare dalla pioggia quando si apre la porta di casa, possono essere eseguite liberamente.

Diversamente la tettoia è abusiva quando sia dimensioni oggettivamente notevoli, anche se facilmente smontabile. “Abusiva” significa che chi la costruisce risponderà del reato di abuso edilizio e, salvo che l’illecito vada in prescrizione (5 anni se c’è stato rinvio a giudizio), subirà una condanna penale.

Il proprietario che ha costruito una tettoia abusiva deve demolirla se non vuole subire un processo penale per abuso edilizio. Lo deve fare anche se ha trovato la tettoia già realizzata dal precedente proprietario dell’immobile (salvo, in questo caso, il diritto a chiedergli il risarcimento del danno). 

È possibile chiedere la sanatoria della tettoia abusiva, ma a condizione che la costruzione fosse già in regola con il piano regolatore urbano e che l’opera sia da considerarsi “abusiva” solo perché – per dimenticanza, ignoranza o qualsiasi altra ragione – non è stata richiesta l’autorizzazione al Comune, autorizzazione che comunque, per poter ottenere la sanatoria, poteva ben essere concessa. Se invece, anche se prima della costruzione, il Comune non avrebbe mai dato l’autorizzazione, ritenendo la tettoia contraria agli strumenti urbanistici, allora non si può mai chiedere la sanatoria.

In ultima analisi, chi ha costruito la tettoia abusiva può evitare la condanna penale solo se il reato, nel frattempo, si è prescritto. La prescrizione scatta dopo 4 anni oppure, se c’è stato rinvio a giudizio, dopo 5 anni.

Peraltro, anche qualora subentri la prescrizione, l’obbligo di demolizione della tettoia abusiva può essere intimato dal Comune in qualsiasi momento, anche a distanza di numerosi anni.

La tettoia si considera come una costruzione a tutti gli effetti; per cui deve stare a una distanza di tre metri dalla costruzione del vicino. Se anche il vicino ha, a sua volta una tettoia, la distanza minima tra le due tettoie deve essere di non meno di tre metri.

Ad esempio, se due vicini di casa decidono di costruire una tettoia lo possono fare a condizione che tra le stesse sia rispettata questa distanza minima. Se uno dei due l’ha già costruita, l’altro non può farlo se, costruendo la sua, la distanza tra i due spioventi dovesse ridursi a meno di tre metri. Insomma, in presenza di tettoie, la distanza minima di 3 metri che deve sempre essere sussistente tra le costruzioni confinanti, si calcola non dalla muratura delle due abitazioni, ma dall’ultimo centimetro delle tettoie stesse.

Ma che succede se una delle due costruzioni è abusiva? Mettiamo che il mio vicino di casa abbia costruito una tettoia senza chiedere il permesso edilizio (che, come noto, è necessario per poter edificare tale tipo di manufatto): da dove devo calcolare la distanza minima per costruire la mia tettoia? In questo caso la regola è che non si deve tenere conto della tettoia abusiva; per cui la distanza va calcolata dalle pareti longitudinali dell’abitazione cui la tettoia abusiva si riferisce.

Il principio da tenere in considerazione è che, chi vuole realizzare opere lecite, non può essere penalizzato da chi vuole fare il furbo.

Anche se il Comune non ha vigilato, dando così la possibilità di realizzare una struttura che non sarebbe dovuta esistere, deve sempre tener conto del principio che chi vuole realizzare opere lecite, non può essere penalizzato da chi vuole fare il furbo. Pur realizzata, l’opera abusiva resta comunque tale. Se si dovesse tenere conto solo dei tre metri di distanza, la struttura lecita dovrebbe così essere costruita più indietro. E questo capovolgerebbe, secondo la giurisprudenza, «ogni ordinario criterio discretivo delle posizioni giuridiche tra quelle lecite e quelle illecite».

 

Il discorso è diverso se la struttura illecita è solo frutto di una trasformazione. Ad esempio, se un balcone diventa una veranda, mantenendo però le stesse dimensioni del primo manufatto, il conteggio della distanza non subisce variazioni. Lo ha chiarito la Cassazione: in materia di trasformazione del balcone in veranda, la suprema corte ha ritenuto che non si debba applicare la norma sulle distanze minime purché detta veranda sia elevata sino alla soglia del balcone sovrastante e insista esattamente nell’area del balcone, senza debordare dal suo perimetro.

La distanza dal confine si calcola tra piani verticali ideali. Cosa vuol dire? Facciamo un esempio. Partendo dalla linea di confine faccio finta che da questa si alzi un piano, una sorta di parete invisibile. La stessa parete invisibile la si fa partire dall’estremità del manufatto. La distanza tra queste pareti invisibili è la distanza tra piani verticali ideali, che va rispettata anche nel sottosuolo.

Quando sul confine esiste un muro divisorio che appartiene in via esclusiva al proprietario del manufatto, la distanza dal confine deve essere misurata tra il manufatto ed il confine effettivo; se invece il muro divisorio è comune ai proprietari dei fondi contigui, la distanza va calcolata dalla parte esterna del muro più vicina al manufatto.

 

 

tratto da: https://www.laleggepertutti.it/142674_quando-una-tettoia-e-abusiva

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