Imu e Tasi, saldo il 16 dicembre: ultimo appuntamento con le due tasse separate

Dal prossimo anno le due tasse saranno fuse in un unico tributo: nelle case di Comuni ed Erario arriveranno oltre 10 miliardi di euro

Ci siamo. È scattato il conto alla rovescio per l'ultimo pagamento di Imu e Tasi prima dell'annunciata fusione decretata dalla nuova Legge di Bilancio. La data da segnare sul calendario è quella del 16 dicembre: entro quel giorno i contribuenti, si stima circa 18 milioni di italiani, dovranno saldare i conti.

Secondo le previsioni, nelle casse di Comuni ed Erario entreranno oltre 10 miliardi di euro: di questi 9,5 dovrebbero arrivare dall'Imu e solo 0,6 dalla Tasi. Ma il conto potrebbe essere ancora più alto: Il Sole 24 Ore, infatti, fa notare come considerando l'ultima Legge di Bilancio (a firma Lega/5 Stelle) i consigli comunali siano liberi di votare aliquote più elevate ed eliminare sconti o agevolazioni e quindi in alcuni casi le due tasse potrebbero risultare più care di quanto preventivato.

 

 

Il saldo di quest’anno sarà anche l’ultimo in cui gli inquilini dovranno versare la propria quota della Tasi, che fino ad ora poteva variare dal 10% al 30% a seconda la delibera comunale. Dal prossimo anno, infatti, l'importo ricadrà interamente sul proprietario dell'immobile e l'importo risulterà anche più alto perché gli inquilini che usano la casa come abitazione principale dal 2016 non pagano la propria fetta di Tasi. 

Dal prossimo anno invece i contribuenti italiani avranno a che fare con un'unica tassa che incorporerà Imu e Tasi: resterà inalterato il livello massimo del prelievo (il limite sarà del 10,6 per mille, che già oggi rappresenta la somma massima di Imu e Tasi) e il tributo potrà essere azzerato, cosa oggi impossibile a livello normativo per l’Imu: spetterà sempre ai Comuni decidere come muoversi.

 

 
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Tasse sulla casa: in Italia sono meno alte rispetto alla media europea

Secondo la Commissione Ue, in Italia le tasse sugli immobili sono una voce importante ma in Europa ci superano ben 6 Paesi.

Avere una casa in Italia costa? Sì, ma anche all'estero non scherzano. Secondo l'ultimo studio condotto dalla Commissione dell'Unione Europea e pubblicato da Il Sole 24 Ore, in Italia le tasse sugli immobili sono una voce importante in rapporto al Pil, ma in Europa ci sono Paesi con livelli di tassazione anche più alti.

Secondo il report della Commissione Ue, che prende in esame sia le tasse “ricorrenti” (Imu) sia le altre tasse di proprietà (come quelle sui trasferimenti), in Italia il peso delle tasse sulla casa è del 2,3% che posiziona il nostro Paese "solo" al settimo posto. Davanti troviamo Francia, dove il prelievo fiscale sugli immobili è del 4,9%, Gran Bretagna (3,1%), Belgio (3,6%), Grecia (3,3%), Spagna (2,7%) e Danimarca (2,4%). I prelievi sono sotto l’1% in Paesi piccoli e poco abitati come Estonia, Lituania, Slovenia e Ungheria.

La media dell'Ue è pari al 2,6%, con l'Italia che si piazza quindi addirittura sotto la media, seppur di poco. Da questi dati è evidente che le tasse sugli immobili restano un pilastro del prelievo fiscale in Europa. Sulla media europea, sono passate dal 2,2 % del 2005 al 2,6% del 2017. E se in Italia rappresentano, oggi, il 5.9% del Pil, in Francia superano il 10%, anche se la Francia, in estate, scorso ha annunciato proprio l’eliminazione, dal 2020, della tassa sulla prima casa.

Nonostante questi dati, sempre più famiglie italiane preferiscono comprare casa all'estero. Secondo uno studio condotto da Scenari Immobiliari, il 2018 si è chiuso con un record di 48mila compravendite fuori dai confini nazionali, soprattutto in Europa (vista come un porto sicuro in uno scenario geo-politico incerto) dove gli acquisti sono più che raddoppiati dal 2010. I Paesi preferiti dai nostri connazionali sono soprattutto Spagna (35% degli acquisti complessivi per il 2018) e Portogallo.

 

 

 

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Lunedì 2 dicembre è il "Tax day": inizio mese amaro per i contribuenti

Sarà un primo lunedì di dicembre amaro per i contribuenti italiani: scadranno infatti una serie di importanti adempimenti fiscali.

Una data rossa sul calendario di Dicembre, ma non si tratta delle tanto attese feste natalizie. Lunedì 2 dicembre sarà, infatti, il giorno in cui scadranno tutti gli adempimenti e versamenti previsti generalmente per la fine di novembre: questo questa data i contribuenti dovranno regolare i conti dichiarazione dei redditi per l’ex Unico, acconti Irpef, Ires e Irap per Partite Iva, seconda rata della pace fiscale o rientro nella Rottamazione ter tramite la riapertura dei termini ed esterometro.

SCADENZE E DICHIARAZIONI La scadenza per chi dichiara le imposte con il modello Redditi (reddito persone fisiche, società di persone, società di capitali, Irap), in realtà, sarebbe fissata a fine settembre. Tuttavia, il Decreto Crescita (34/2019) ha stabilito che il termina slitti a fine novembre, ma visto che il 30 cade di sabato, il termine ultimo passa al 2 dicembre 2019.

Stessa scadenza anche per altri due adempimenti dichiarativi: la comunicazione delle liquidazioni periodiche Iva del terzo trimestre, e l’esterometro di ottobre.

VERSAMENTI E PACE FISCALE Lunedì cruciale anche per chi deve pagare le imposte, nello specifico l’acconto Irpef, Ires e Irap. Anche in questo caso l’intervento del decreto fiscale ha modificato leggermente il meccanismo. I contribuenti dovranno pagare solo il 50% (e non il 60%), in attesa del conguaglio che dovrà essere pagato a giugno.

Per quanto riguarda la pace fiscale, chi aveva già aderito alla rottamazione ter ma senza pagare la prima o unica rata entro la fine di luglio, può rientrare nella pace fiscale sanando la propria posizione entro il 2 dicembre. Si tratta, di fatto, di una riapertura dei termini a cui può aderire solamente chi aveva aderito alla pace fiscale entro il 30 aprile.

I contribuenti che, dopo l’invio della dichiarazione, si accorgono di non aver indicato nel modello tutti gli elementi utili, o di aver commesso degli errori, hanno diverse soluzioni per rimediare, con diverse tempistiche. La prossima data utile è quella del 2 dicembre (la data “ufficiale” è il 30 novembre, che quest’anno è però un sabato): entro quel giorno si può presentare il modello Redditi Pf 2019 barrando la casella «correttiva nei termini» sul frontespizio. Chi si accorge dell’errore dopo il 2 dicembre, può comunque inviare un modello Redditi Pf 2019 entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello della dichiarazione da integrare (cioè entro il 2024), indicando nel frontespizio il codice “1”.

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