Mutui: confermato anche per il 2020 il Fondo di Garanzia prima casa

Il fondo gestito da Consap permette di aiutare le famiglie che non riescono ad avere accesso al credito. 

Una buona notizie per le famiglie che non riescono ad avere un mutuo. Dopo Alcuni dubbi a causa della mancanza di coperture, il Governo ha confermato e rifinanziato il "fondo di garanzia prima casa" con circa 100 milioni di euro. Il Fondo è gestito da Consap (la Concessionaria Servizi Assicurativi Pubblici) a partire dalla sua istituzione nel 2014.

La cifra messa a disposizione permette una proroga ma dovrebbero bastare per coprire solo la prima metà del 2020. Sul sito Consap, infatti, è specificato che “l’iniziativa proseguirà presumibilmente per tutto il primo semestre 2020, fino ad esaurimento delle disponibilità, salvo eventuali rifinanziamenti”.

Grazie al Fondo di garanzia prima casa, le famiglie che non possono permettersi di acquistare casa con un mutuo per mancanza di garanzie riescono ad avere accesso al credito: lo Stato garantisce il capitale preso in prestito al 50%, sopperendo alle mancanze degli aspiranti mutuatari che magari, per giovane età o per scarsa stabilità lavorativa, non potrebbero farlo altrimenti. La garanzia è prevista per mutui finalizzati all'acquisto, all'acquisto con ristrutturazione e all'acquisto con accollo da frazionamento. Non è quindi permesso chiedere l'accesso al fondo per finanziamenti finalizzati solo alla ristrutturazione dell'immobile.

Chi può accedere Possono accedere tutti, ma in particolare le seguenti categorie: giovani coppie (almeno uno dei due componenti non deve aver superato i 35 anni di età); nuclei familiari composti da un solo genitore con almeno un figlio minore; under 35 anni titolari di un rapporto di lavoro atipico (contratto a tempo determinato, stagionali, part time); conduttori di alloggi di case popolari.

Come si accede Per poter usufruire del Fondo di garanzia prima casa occorre avere una serie di requisiti: in primis non bisogna essere proprietari di altri immobili “prima casa” acquistati con le relative agevolazioni. L’immobile acquistato deve essere adibito ad uso abitativo, ubicato in territorio italiano e non essere accatastato come edificio di lusso. Infine l’importo non deve eccedere i 250 mila euro. Per richiedere la garanzia del fondo è necessario che il mutuo sia stato richiesto a una banca o a un'intermediario tra quelli che hanno aderito all'iniziativa. La lista è pubblicata sui siti di Abi e Consap.

 

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Manovra 2020: stop alla cedolare sugli affitti dei negozi

Niente accordo nel Governo: salta la tassa piatta del 21% che puntava a limitare la gravissima crisi dei locali commerciali.

Un brutto regalo sotto l'albero di Natale per gli esercenti italiani. Con le ultime modifiche alla nuova Legge di Bilancio 2020, infatti, è stato decretato lo stop stop alla proroga della cedolare sugli affitti dei negozi e delle botteghe che era in scadenza il prossimo 31 dicembre. 

Nonostante le diverse proposte di maggioranza e opposizione in commissione Bilancio l'accordo non è stato trovato. La tassa piatta al 21% sulle locazioni commerciali non verrà quindi confermata e si avvia verso il tramonto. Salverà la tassazione agevolata solo chi firmerà il contratto entro la fine dell’anno, ma va comunque rispettata la regola secondo cui la registrazione «deve essere effettuata entro 30 giorni dalla data di stipula o dalla sua decorrenza.

La cedolare secca sull’affitto dei negozi (categoria catastale C/1) era stata introdotta dalla legge di Bilancio per il 2019 con l’intento di limitare la gravissima crisi dei locali commerciali. Funziona come la cedolare secca sulle locazioni abitative: sostituisce Irpef, addizionali comunale e regionale, imposta di registro e quella di bollo.

La notizia è stata definita come "una decisione sorprendente" dal presidente di Confedilizia, Giorgio Spaziani Testa: "La necessità della cedolare era talmente evidente che a richiederla erano state anche le associazioni dei commercianti, convinte che l’eccesso di tassazione sui proprietari dei locali affittati ostacolasse l’apertura di nuove attività. In assenza della cedolare il proprietario è infatti soggetto all’Irpef, all’addizionale regionale Irpef, all’addizionale comunale Irpef e all’imposta di registro, per un carico totale che può superare il 48 per cento del canone e al quale deve aggiungersi la patrimoniale Imu-Tasi".

"Insomma, mentre ci si straccia le vesti per l’espansione di Amazon e per la moria di negozi - conclude Giorgio Spaziani Testa nella nota di Confedilizia - si elimina l’unica misura con la quale vi era speranza di rianimare un comparto in crisi, contribuendo anche a migliorare l’aspetto delle nostre città, combattendo degrado e insicurezza. Davvero incredibile”.

 

 

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Tasi addio: nel 2020 arriverà una nuova Imu

Con la manovra il Governo ha deciso di accorpare le due tasse. Più poteri ai Comuni che potranno aumentare le aliquote.

La manovra 2020 segnerà un cambiamento importante per quanto riguarda le tasse sulla casa. Nel pacchetto pensato da Palazzo Chigi, infatti, è previsto l'accorpamento di Imu (imposta municipale propria) e Tasi (tributo per i servizi indivisibili). L’aliquota di base è fissata all’8,6 per mille, aumentando rispetto al 7,6 per mille attuale. A fare chiarezza su cosa succederà con la fusione delle due imposte ci pensa Il Sole 24 Ore.

La riforma dovrebbe riguardare l’intero sistema di riscossione, con un maggiore coinvolgimento in questo senso dei Comuni. I sindaci, infatti, giocheranno un ruolo di primo piano poiché la Legge di Bilancio lascia agli amministratori comunali la facoltà di modificare l'aliquota: i primi cittadini potranno portare fino al 10,6 per mille (valore massimo) o azzerarla del tutto. In attesa delle decisioni dei sindaci, la prima rata Imu del 2020, con scadenza fissata a giugno, sarà pari al 50% di quanto versato nel 2019.

In sostanza - si legge sulle pagine del quotidiano economico -  "il Ddl di Bilancio 2020 prevede che la Tasi scompaia e rimanga l’Imu. Ma mentre la prima è una tassa, quindi come tale legata al tipo di servizi comunali che deve andare a coprire e necessita di una delibera che lo specifici, l’altra (vecchia o nuova che sia), essendo un’imposta serve a coprire in generale i fabbisogni municipali senza dover fornire giustificazioni". 

"Attualmente l’Imu massima è al 10,6 per mille (e ad essa sono allineati moltissimi Comuni), mentre la Tasi (che non è stata istituita ovunque) ha come aliquota massima l’8 per mille. Il che significa che la somma delle due aliquote, che hanno la stessa base imponibile (il «valore catastale» dell’immobile con dei moltiplicatori), arriva al’11,4 per mille, cioè esattamente l’aliquota massima della nuova Imu".

"Non è quindi possibile prevedere con certezza cosa succederà nel 2020 - conclude Il Sole 24 Ore - ma le tentazioni si moltiplicheranno per i Comuni, sia per quelli in buono stato economico sia per quelli in crisi che troveranno certo più semplice un innalzamento generale senza ricorrere all’istituzione della Tasi con relativa indicazione di specifici servizi". 

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