Dalla nuda proprietà al prestito ipotecario: i modi per "monetizzare" la propria casa

Esistono diversi modi per ottenere denaro contante per far fronte a grosse spese o impegni improvvisi senza però vendere casa.

Monetizzare la propria abitazione senza venderla per far fronte a grosse spese o impegni improvvisi. Gli anni passano, ma la casa resta sempre "l'ultimo baluardo" delle famiglie italiane contro gli imprevisti della vita: secondo una recente elaborazione di Istat e Bankitalia, infatti, la metà della ricchezza degli italiani è costituita proprio dal loro patrimonio immobiliare.

Quali sono quindi gli strumenti per "sfruttare" questa piccola grande ricchezza, senza però perdere la casa nell'immediato? Sono principalmente tre: la nuda proprietà, ovviamente, ma anche il prestito ipotecario e i mutui di liquidità. Ad analizzarli è Il Sole 24 Ore.

Nuda proprietà È la pratica più usata e consolidata in Italia. Con questo termine si indica il valore di un immobile decurtato dall’usufrutto: in altre parole, la vendita della nuda proprietà comporta la cessione di una proprietà immobiliare a un’altra persona, mantenendo però per sé stessi il diritto di viverci per tutta la vita. Più l’età del venditore sale, più cresce il valore della nuda proprietà, perché, in base all’aspettativa di vita media, al venditore resteranno meno anni da vivere nella propria casa. 

Mutui di liquidità L'altro metodo, anche se meno usato rispetto alla nuda proprietà, è l'ipoteca dell'immobile sottoscrivendo un mutuo di liquidità. Si tratta di un finanziamento per ottenere denaro contante far fronte a spese impreviste o avere una maggiore liquidità a disposizione. Ipotecare la propria abitazione fa spesso paura, ma questa operazione può essere conveniente, soprattutto se fatta con criterio in un momento tassi di interesse al minimo storico come quello attuale.

Prestito ipotecario vitalizio Uno dei limiti dei mutui di liquidità è rappresentato dall’età del contraente. In linea generale le banche sono disposte a concedere credito per una durata che permetta al contraente di non superare i 75 anni alla fine del periodo del rimborso. Per gli over 60 esiste quindi il prestito ipotecario vitalizio. In sintesi si tratta della possibilità di ottenere una somma da una banca dando la casa in garanzia. Il contraente non paga nessuna rata mensile, ma al momento della sua morte, gli eredi saranno chiamati a restituire capitale più interessi.

 

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Tasse sulla casa: in Italia sono meno alte rispetto alla media europea

Secondo la Commissione Ue, in Italia le tasse sugli immobili sono una voce importante ma in Europa ci superano ben 6 Paesi.

Avere una casa in Italia costa? Sì, ma anche all'estero non scherzano. Secondo l'ultimo studio condotto dalla Commissione dell'Unione Europea e pubblicato da Il Sole 24 Ore, in Italia le tasse sugli immobili sono una voce importante in rapporto al Pil, ma in Europa ci sono Paesi con livelli di tassazione anche più alti.

Secondo il report della Commissione Ue, che prende in esame sia le tasse “ricorrenti” (Imu) sia le altre tasse di proprietà (come quelle sui trasferimenti), in Italia il peso delle tasse sulla casa è del 2,3% che posiziona il nostro Paese "solo" al settimo posto. Davanti troviamo Francia, dove il prelievo fiscale sugli immobili è del 4,9%, Gran Bretagna (3,1%), Belgio (3,6%), Grecia (3,3%), Spagna (2,7%) e Danimarca (2,4%). I prelievi sono sotto l’1% in Paesi piccoli e poco abitati come Estonia, Lituania, Slovenia e Ungheria.

La media dell'Ue è pari al 2,6%, con l'Italia che si piazza quindi addirittura sotto la media, seppur di poco. Da questi dati è evidente che le tasse sugli immobili restano un pilastro del prelievo fiscale in Europa. Sulla media europea, sono passate dal 2,2 % del 2005 al 2,6% del 2017. E se in Italia rappresentano, oggi, il 5.9% del Pil, in Francia superano il 10%, anche se la Francia, in estate, scorso ha annunciato proprio l’eliminazione, dal 2020, della tassa sulla prima casa.

Nonostante questi dati, sempre più famiglie italiane preferiscono comprare casa all'estero. Secondo uno studio condotto da Scenari Immobiliari, il 2018 si è chiuso con un record di 48mila compravendite fuori dai confini nazionali, soprattutto in Europa (vista come un porto sicuro in uno scenario geo-politico incerto) dove gli acquisti sono più che raddoppiati dal 2010. I Paesi preferiti dai nostri connazionali sono soprattutto Spagna (35% degli acquisti complessivi per il 2018) e Portogallo.

 

 

 

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Affitti: entro il 2 dicembre l'acconto della cedolare secca

La scadenza del 2 dicembre si avvicina anche per la cedolare secca: la misura ridotta sarà riservata ai soli contribuenti Isa

Non solo Irpef, Ires e Irap. Il 2 Dicembre è una data cruciale anche per chi deve versare l'acconto della cosiddetta "cedolare secca" sugli affitti concordati. Lo ricorda Il Sole 24 Ore che però evidenzia come la riduzione degli acconti al 40% in questo caso riguardi solamente i soggetti Isa. Nessun cambiamento in vista, invece, per le persone fisiche, per le quali la percentuale dell’acconto sulla cedolare dovuto entro il 2 dicembre rimane al 60 per cento. A stabilirlo è stata l’Agenzia con la risoluzione 93/E/2019.

 

Secondo la norma istitutiva della cedolare secca, ricorda sempre il quotidiano economico, le date di versamento sono le stesse di quelle previste per l’Irpef. Non si applicano, invece, le stesse regole relativamente alla percentuale complessiva dell’acconto dovuto. Per la cedolare secca, infatti, l’intero acconto da calcolare, con il metodo storico, dal 2012 e fino al 2020 deve essere pari al 95% dell’imposta relativa al periodo precedente (metodo storico) ovvero dell’imposta che si prevede dovuta per il periodo in corso (previsionale).

Per la cedolare secca il versamento dell’acconto per il 2019, deve essere effettuato, in unica soluzione, entro il 2 dicembre 2019, se inferiore a 257,52 euro ovvero in due rate, il 1° luglio 2019 (30 settembre per i soggetti Isa) e 2 dicembre 2019, se l’importo dovuto è pari o superiore a 257,52 euro. L’acconto non è dovuto e l’imposta è versata a saldo, se l’importo su cui calcolare l’acconto non supera 51,65 euro.

Secondo l’articolo 7, comma 2, del provvedimento del 7 aprile 2011, anche per il calcolo della ripartizione dell’acconto dovuto tra le due rate del 1° luglio 2019 (30 settembre 2019 per i soggetti Isa) e del 30 novembre (quest’anno spostato al 2 dicembre 2019, perché cade di sabato) vi sono delle regole ad hoc per la cedolare secca (a differenza dell’Ivie, dell’Ivafe e delle sostitutive dell’Irpef, le quali seguono le scadenze di quest’ultima imposta).

 

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