Venerdì, 14 Febbraio 2020

Mutuo prima casa: meno pignoramenti ma più rinegoziazioni

Con le nuove norme contenute nel Decreto Fiscale si potrà restituire la cifra fino a un massimo di 30 anni.

Cambiano alcune norme che regolano il mutuo per l'acquisto della prima casa. Da gennaio, infatti, non è più previsto il pignoramento dell’immobile per chi ha richiesto un mutuo prima casa.

A parlarne è il Corriere della Sera che analizza alcune delle voci contenute all'interno del nuovo Decreto Fiscale. Da quest'anno chi non riesce più a pagare le rate del mutuo potrà presentare la domanda per una rinegoziazione del prestito e del piano di rientro. Ma c'è una condizione imprescindibile: l'abitazione oggetto del mutuo deve corrispondere a quella di residenza. 

Ma non solo: è possibile chiedere la rinegoziazione del mutuo, evitando quindi il pignoramento della prima casa, solo in caso di procedure attivate tra il 1° gennaio 2010 e il 30 giugno 2019. A questo punto andrà verificato che il soggetto interessato alla tutela risieda effettivamente nell’immobile.

Chi dispone dei requisiti dovrà presentare un documento con un’offerta di rinegoziazione il cui importo dovrà essere pari almeno al debito residuo, al netto degli interessi dovuti. La cifra dovrà essere restituita in massimo 30 anni e non oltre il compimento dell’ottantesimo anno di età da parte del debitore.

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Smart building, il mercato già vola ma crescerà ancora del 30%

Secondo lo Smart building report dell’Energy&strategy group del Politecnico di Milano, in Italia questo settore vale 3,6 miliardi di euro

Un mercato in grande salute che crescerà di un ulteriore 30% nel prossimo anno. Sono le previsioni del primo “Smart building report”, redatto dall’Energy&strategy group della School of management del Politecnico di Milano. Obiettivo dello studio è anche quello di fornire una chiave di lettura corretta per un settore in cui differenti tematiche, dalla generazione di energia all’efficienza energetica fino alla sicurezza delle persone e degli asset, interagiscono in modo articolato. 

Il Report elenca i quattro elementi chiave di uno smart building: building devices and solutions (gli impianti e le tecnologie che provvedono alla sicurezza degli occupanti, come quelli di generazione di energia e di efficienza energetica e quelli relativi al tema safety&security), automation technologies (la sensoristica connessa agli impianti, finalizzata alla raccolta dati, e gli attuatori che impartiscono agli impianti i comandi elaborati dalle piattaforme di controllo e gestione), piattaforme di controllo e gestione (l’insieme dei sistemi software volti alla raccolta, elaborazione e analisi dei dati acquisiti dalla sensoristica installata sugli impianti), connectivity (l’insieme dei protocolli di comunicazione, wireless o cablati, che permettono la comunicazione tra sensori, attuatori e la piattaforma di controllo e gestione)

Dallo studio emergono numeri molto positivi per il settore: in Italia nel 2018 il volume di affari complessivo associato ad investimenti in smart building è stato di circa 3,6 miliardi di euro, distribuiti in maniera quasi omogenea tra building devices & solutions (41%, pari a 1,47 miliardi di euro), automation technologies (31%, 1,1 miliardi) e piattaforme di gestione e controllo (28%, 1,02 miliardi), dove gli investimenti in hardware e software sono stati preponderanti rispetto alla parte impiantistica, a riprova della sempre maggior importanza della componente digital. 

In Europa la situazione è ancora più florida: si stima infatti che gli investimenti in efficienza energetica e digitalizzazione nel comparto daranno grande spinta all’economia, in particolare nell’edilizia, che contribuisce per il 9% al Pil europeo e garantisce oltre 18 milioni di posti di lavoro, grazie soprattutto alle Pmi, responsabili di circa il 70% del volume d’affari.

L’analisi degli operatori è stata effettuata tramite interviste dirette con oltre 129 player appartenenti a sette differenti categorie e le previsioni di crescita mostrano come il settore acquisirà sempre maggior importanza: ad eccezione delle imprese di facility management e delle TelCo, gli operatori si aspettano una crescita del fatturato tra il 15 e il 33%.

 
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Affitti brevi, negozi e Comuni calamitati: come cambia la cedolare secca

Il decreto milleproroghe ha escluso gli immobili commerciali e confermato la cedolare secca del 21% per gli affitti brevi

Il cosiddetto "decreto milleproroghe" ha portato molte conferme e alcune novità sul fronte della cedolare secca, il regime facoltativo che prevede pagamento di un’imposta sostitutiva dell’Irpef e delle addizionali per la parte derivante dal reddito dell’immobile. 

COMUNI CALAMITATI Una delle  novità introdotte quest'anno riguarda l’estensione ai Comuni colpiti da calamità naturali della cedolare secca del 10 per cento sugli affitti abitativi a canone concordato, sia pure con una limitazione per l’anno in corso.

CEDOLARE A CANONE CONCORDATO Confermata senza nessuna scadenza la cedolare al 10% per le locazioni residenziali a canone calmierato. Ad essere interessati sono i contratti siglati nei Comuni ad alta tensione abitativa secondo le intese locali tra sigle della proprietà edilizia e i sindacati degli inquilini.

AFFITTI BREVI Nel 2020 sarà ancora possibile applicare la cedolare secca al 21% per gli affitti brevi. Tuttavia resta aperta la possibilità di una riforma che equipari fiscalmente il privato cittadino che affitta più di tre case a un’impresa. In questo modo si vuole distinguere “chi affitta nello spirito originario di Airbnb e chi invece maschera una normale attività di impresa”

AFFITTI ABITATIVI Nessun problema o modifica per i tradizionali affitti a scopo abitativo. Nel 2020 è infatti confermata la cedolare secca al 21% sui contratti a canone di mercato.

STOP AI NEGOZI Niente cedolare secca, invece, per gli immobili commerciali. L’agevolazione rimane valida per chi ha firmato un contratto d’affitto entro la fine del 2019 e lo ha registrato nel 2020. Naturalmente, deve essere stata rispettata la regola per cui la registrazione del contratto, che deve avvenire entro 30 giorni dalla data di stipula.

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